Nel corso dell’800 in Europa e in Gran Bretagna in particolare si realizzo la “rivoluzione industriale”. In realtà si ebbero tre fasi diverse della cosiddetta rivoluzione. È consuetudine distinguere tra prima e seconda rivoluzione industriale. La prima interessò prevalentemente il settore tessile-metallurgico con l’introduzione della spoletta volante e della macchina a vapore nella seconda metà del ‘700. La seconda rivoluzione industriale viene fatta convenzionalmente partire dal 1870 con l’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici (scienza chimica) e del petrolio. Talvolta, ci si riferisce agli effetti dello svolgimento massiccio dell’elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informatica nell’industria come alla terza rivoluzione industriale, che viene fatta partire dal 1970. La rivoluzione industriale comportò un generale stravolgimento delle strutture sociali dell’epoca, attraverso una impressionante accelerazione di mutamenti che portò nel giro di pochi decenni alla trasformazione radicale delle abitudini di vita, dei rapporti fra le classi sociali, e anche dell’aspetto delle città, soprattutto le più grandi. Fu infatti prevalentemente nei centri urbani, specie se industriali, che si avvertirono maggiormente i mutamenti sociali, con la repentina crescita di grandi sobborghi a ridosso delle città, nei quali si ammassava il sottoproletariato che dalle campagne cercava lavoro nelle fabbriche cittadine. Si trattava per lo più di quartieri malsani e malfamati, in cui le condizioni di vita per decenni rimasero spesso al limite della vivibilità. In Inghilterra sorsero interi quartieri di “case popolari” o slums che ospitavano più di una famiglia in condizioni igienico-sanitarie generalmente precarie; basti pensare che una persona su due moriva per intossicazione da materiali di costruzione.
Una simile situazione, sia pure con diverse varianti e aspetti peculiari a seconda dell’epoca e dei Paesi industriali, si è protratta fino a tempi più recenti, e ha dato spunto per una vasta letteratura, politica, sociologica, ma anche narrativa. In Francia, ad esempio, fu Émile Zola a denunciare attraverso i suoi romanzi le miserevoli condizioni delle classi più umili nella Parigi dell’epoca, o ad esempio dei minatori, nel romanzo “Germinal”. Prima ancora, in Gran Bretagna, Charles Dickens aveva più volte ritratto nei suoi romanzi una umanità disperata e incattivita dagli spietati meccanismi produttivi imposti dalla rivoluzione industriale.
Nel verismo italiano è assente la realtà industriale, in quanto il Meridione si poggiava essenzialmente su un sistema agricolo, sostituita dalla presenza di tanti personaggi di contadini oppressi e affamati dal monopolio della nobiltà rurale: Nedda, la ragazza protagonista della breve novella considerata uno dei massimi capolavori di Giovanni Verga, è un personaggio simbolo del disagio del Sud.
Questa è una sintesi che potete trovare facilmente sul web.
A noi interessa in particolare occuparci del presente e del prossimo futuro soprattutto attenti agli effetti in gran parte negativi sulla società che già ora segnata da gravi disparità sociali ed economiche – pochi superricchi e moltissimi quasi o superpoveri – che si possono prevedere con lo sviluppo della robotica e dell’ intelligenza artificiale.
In una prima fase dagli anni ’70 e ’80 in poi si è favorita l’immigrazione perché essa è servita egregiamente a ridurre i salari e incrementare contratti precari lanciando uno slogan solo in sostanza falso, “gli italiani non vogliono fare certi lavori” poi diventato “gli italiani, i giovani in particolare, non hanno voglia di lavorare”. Manca a questi slogan un’appendice tutt’altro che irrilevante: “…perché con salari di fame e con contratti che non ti tutelano non ne vale la pena lavorare o cercare lavoro”.
Questa è la frase corretta, anche se non mancano, come sempre accaduto “lavativi” che tra paghetta familiare e salari di solidarietà spesso abusivi preferiscono sopravvivere come “I vitelloni” del celebre film di Fellini.
Le innovazioni tecnologiche non si possono fermare perché la ricchezza del prodotto dipende e dipenderà sempre più da esse, la cosiddetta intelligenza artificiale compresa.
Ma non può cadere nell’inconsistenza della politica, tutta, nella rinuncia a guidare strategicamente processi complessi che possono comportare costi sociali insopportabili.
Non si può replicare la mancata gestione del passaggio dalla lira all’euro che con una valutazione dettata dalla Germania farlocca di quasi 2000 lire che il mercato, quello rionale, ha subito ridimensionato a 1000 lire.
Non si può avere una sinistra timorosa e talora complice che ha messo ai margini della sua agenda politica la lotta alle diseguaglianze sociali e territoriali (SUD addio!).
Non si può avere Sindacati che hanno accompagnato con qualche mugugno impropriamente definito “lotta” la svalutazione del lavoro retrocesso rispetto agli altri fattori della produzione.
Il risultato è che a chi a ragione spesso condanna la politica della destra al governo in tanti rispondono: Voi dove eravate quando le fabbriche, i negozi e le botteghe artigiane chiudevano, quando la parola “diritti” diventava impronunciabile?
Per concludere: voi dove eravate, in Calabria? Dov’era il PD, amoreggiava e amoreggia con gli Occhiuto, si faceva e si fa garante della presenza tossica della massomafia, se ne fotteva e se ne fotte di un giornale libero chiuso e di una Fondazione smantellata da quattro + X cialtroni?