“Così com’era Vibo Valentia una volta e come tornerà ad essere. Ora è tempo d’iniziare l’atteso cammino di rinnovamento” scriveva sui social il neo Sindaco di Vibo Valentia nonchè esponente del Pd, Enzo Romeo, inneggiando a un rinnovamento che guarda espressamente al passato.
“Dovevamo scegliere tra i cazzoni e i faccendieri. Abbiamo scelto i primi” mi ha dichiarato, invece, uno dei leader del fu “Terzo Polo” vibonese che al secondo turno delle amministrative in gran parte ha sostenuto l’odontoiatra Romeo (iconico è stato l’abbraccio dell’ex competitor Francesco Muzzopappa a Palazzo Razza una volta giunta notizia dell’esito del ballottaggio). Certo, anche nel centrodestra taluni se la sono sghignazzata di gusto (anche in diretta tv, come il parlamentare Peppe Mangialavori) per la vittoria di Romeo e la disfatta della coalizione a trazione “Forza Daffinà”.
Al netto del colorato epiteto di cui sopra (riportato anche dall’enciclopedia Treccani) e dei sollazzi tafazziani dei destrorsi, i primissimi passi dell’era Romeo hanno portato alla nomina in Giunta di personalità che non sono proprio emblema di una nuova politica vibonese.
Ad onore di verità una novità è rappresentata dall’emergere (finalmente!) del segretario cittadino e oggi capogruppo consiliare del Pd, Francesco Colelli, vero deus ex machina della candidatura di Romeo e della tenuta (pre-elettorale) della coalizione. Inviso dall’èlite regionale del suo partito, è riuscito ad emergere nonostante le Amalie Cecilie Bruni e gli Ernesti Alecci, potendo in prospettiva ambire a sfidare elettoralmente quest’ultimo in un non lontano futuro.
Al netto di ciò, già si ravvedono all’orizzonte scarse competenze specifiche, trasversalismo, familismo, parentele “chiacchierate” e inciuci vari. Prima ancora di cominciare, l’ingranaggio politico “made in Romeo” già scricchiola (anche nella sua purezza), nonostante un’opposizione che si prospetta abbastanza soft (eccezion fatta per il barricadero Peppe Cutrullà), almeno nel primo periodo, solitamente caratterizzato da una “luna di miele” politica.
Pilegi, un’angiologa urbanista?
Come vicesindaca, Enzo Romeo ha scelto Loredana Pilegi, eletta per la terza volta al consiglio comunale e nota angiologa (si è iscritta negli elenchi degli specialisti di quella branca nel dicembre del 1991). Nel suo curriculum si legge che “Dal 1988 al 1992 ha realizzato numero 20 pubblicazioni in branca angiologia di cui una premiata”. C’è chi si sta chiedendo in queste ore come una notoria esperta in vasi sanguigni possa occuparsi di urbanistica, ma anche a Catanzaro la sua omologa catanzarese, la vicesindaca-cardiologa Giuseppina detta Giusy Iemma, ha la stessa delega. Insomma, per la sinistra le città dal punto di vista urbanistico vanno “curate”. Difatti, la stessa Pilegi ha dichiarato: “Cercherò di svolgere il mio compito con metodo scientifico, osservare, fare diagnosi ed eseguire una terapia”. Tant’è.
Pur avendo un imprinting ed un excursus marcatamente di sinistra-sinistra, la vice di Romeo è da anni compagna del massaggiatore-body builder Mimmo Limardo, fratello della sindaca forzista uscente (e silurata) Maria Limardo, alla quale la Pilegi avrebbe dovuto fare opposizione nella scorsa consiliatura, ma non se ne è ravvedisata traccia alcuna.
In più, la nota angiologa lavora anche da “Salus Mangialavori” la clinica privata dell’ex coordinatore di Fi e già main sponsor della Limardo, Peppe Mangialavori.
Non solo destra, però, nella vita della vicesindaca, l’ex marito, difatti, è il docente economista dell’Unical Damiano Silipo, voluto dal soporifero senatore Nicola Irto come membro della segreteria regionale del Pd, mentre il figlio Cosimo è stato Co.co.co. del gruppo misto di Antonio Lo Schiavo nel 2022. La stessa Pilegi venne indicata dall’eletto regionale della lista “De Magistris” come componente della commissione regionale pari opportunità in cui coordina il gruppo “Donne, salute, ambiente”. Nulla a che vedere, anche qui, con l’urbanistica.
Un altro piccolo particolare: la delega all’urbanistica della Pilegi non comprende i lavori pubblici, affidati all’architetto Salvatore Monteleone. Quest’ultimo, però, nel curriculum presentato a seguito della sua candidatura nella lista “Centro Studi” di Romeo, ha dichiarato di essere progettista (per “avvalimento”) dell’Asilo Nido di Viale della Pace con committente il Comune di Vibo Valentia. Appalto che è ancora in corso. Conflitti di interessi ne abbiamo?
Una lista “a libro paga”
Tornando alla Pilegi, la lista che l’ha eletta in questa sua terza tornata positiva è stata, per l’appunto, ispirata dal consigliere regionale Antonio Lo Schiavo, capogruppo del gruppo misto in consiglio regionale. La lista “Liberamente progressisti” porta anche il simbolo di Alleanza Verdi Sinistra ed è risultata la Cenerentola della coalizione pro Romeo con 626 voti ottenuti e il 3,45% dei voti ma con il premio di maggioranza è riuscita ad ottenere anche due consiglieri.
Alcuni candidati “loschiaviani”, però, più che da un moto dell’animo per combattere le destre vibonesi, potrebbero aver trovato la spinta giusta nel cimentarsi nell’agone elettorale con il previo conferimento di un incarico da portaborse o Co.co.co. del consigliere “ispiratore” della lista.
Malizia? Beh, ad essere eletti in consiglio comunale sono stati Sergio Barbuto, già “collaboratore esperto” di Lo Schiavo fino al febbraio del 2023 e Pasquale Mercadante (alla sua quinta consiliatura comunale), assunto come Co.co.co. dal gruppo misto il 28 maggio scorso con un contratto decorrente dal primo giugno al 30 novembre con un compenso di 2742 euro lordi.
Stesso compenso come Co.co.co. anche per Giuseppina Manco, assunta il 27 maggio e candidatasi anch’essa nella lista “Progressisti per Vibo”, portando alla “causa loschiaviana” solo 18 voti. Di più (67) ne ha portati l’avvocato Antonio Scuticchio, responsabile amministrativo della struttura di Antonio Lo Schiavo dall’agosto del 2023. Piccolo particolare: Scuticchio anche portaborse del consigliere regionale di centrodestra Alfonsino Grillo dal 2010 al 2014 per poi diventare assessore comunale di Vibo Valentia con delega all’ambiente con il centrodestra di Elio Costa. Era leader di “Vibo Popolare”, non proprio un “comunistone” da alleanza verdi-sinistra, diciamo. A portare solo un voto è stato l’ex sindaco di Fabrizia, Antonio Salvatore Minniti che, nonostante i suoi 74 anni, è stato nominato nel febbraio di quest’anno autista di Lo Schiavo con un compenso da 14.353,44 euro lordi annui. Insomma, questi candidati “costano” ai contribuenti!
Gli assessori bell’ ‘i papà
Nella Giunta Romeo la delega alla cultura è andata al mite Stefano Soriano, già capogruppo del Pd nella scorsa consiliatura e figlio del dirigente medico Michele, già candidato sindaco nel 2010 e poi anch’esso capogruppo Pd ed ex membro della direzione regionale dei dem.
Papà Soriano è stato citato, pur non essendo indagato, citato da alcuni collaboratori di giustizia i cui verbali sono finiti agli atti delle inchieste della Dda, “Rinascita-Scott” e “Nuova Alba”.
La delega all’ambiente, invece, è andata ad un altro illustre “bell’ ‘e papà”, Marco Miceli, eletto nel 2019 nel Pd e oggi nel M5S. Il padre è Angelo Michele detto Michelangelo, sanitario del presidio unico dell’A.s.p. di Vibo Valentia che nel 2022 è stato nominato presidente della commissione provinciale di garanzia del Pd a guida dell’evanescente Giovanni Di Bartolo.
Papà Miceli è stato rinviato a giudizio dal gup del Tribunale di Vibo Valentia lo scorso ottobre ed è imputato, nell’ambito dell’inchiesta sulla nomina del direttore del Distretto sanitario unico dell’Azienda sanitaria, in concorso in abuso d’ufficio (quindi, sarà “graziato” dall’abolizione del reato prevista dalla legge Nordio).
“Nell’ambito della presente indagine emerge la figura di MICELI Michelangelo, Direttore Sanitario dell’A.S.P. di Vibo Valentia. Il medico veniva individuato già dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia MANTELLA Andrea, il quale riportava che LO BIANCO Paolino aveva provveduto a rivolgersi al predetto (…) per ottenere la garanzia di non rientrare in carcere, ottenendo disponibilità da parte di questi” si legge su Papà Miceli nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Catanzaro “Maestrale-Carthago”. Nelle carte di tale inchiesta si legge, altresì, che: “Emerge un’allarmante quadro che vede le scelte operate all’interno dell’A.S.P. strettamente connesse ad una logica clientelare e nettamente schierata con la frangia politica di cui MICELI Michelangelo è interlocutore e strettamente dipendente”.
Insomma, l’attuale assessore del M5S non ha un background familiare e politico da pentastellato puro. “Bisogna rimanere fedeli alla propria appartenenza e nel più totale rispetto dei nostri elettori” disse Miceli nel 2019 appena eletto a Palazzo Razza col Pd che poi mollerà da lì a breve. C’è da chiedersi, per quanto tempo fara parte del “nuovo corso” grillino?
Santoro va (politicamente) in pensione
Ciò che promette bene del citato “nuovo corso” grillino è il siluramento di Domenico Santoro detto Mimmo, padre della dirigente comunale Claudia bell’ ‘e papà, dopo il suo ennesimo (e ultimo) flop elettorale personale. Da capogruppo consiliare non ha brillato nè per opposizione nè per radicamento nel territorio, arrivando a racimolare in questa tornata solo 16 preferenze personali (e meno male che voleva essere, nuovamente, il candidato sindaco del M5S).
Dopo aver letteralmente inciuciato col Pd e pugnalato alle spalle il proprio gruppo politico ed il deputato Riccardo Tucci, quest’ultimo gli ha servito una vera e propria vendetta, ri-affermando nettamente la sua leadership a discapito dell’ex pluri-candidato Santoro. Non lo ha candidato come capolista (“è un giudizio politico sul mio operato” si lagnò Santoro), non lo ha indicato come assessore (sarebbe stato in conflitto di interessi causa prole) e lo ha, di fatto, accompagnato alla porta senza tanti fronzoli. Al contempo, è stato ri-eletto col polo di centro il cugino eccellente Danilo che al ballottaggio ha sostenuto senza mistero il centro-sinistra. Un “en plein” tutto tucciano.
Gioia…e dolori
Sempre nel 2019 a guidare alle elezioni il centrosinistra vi era il leader di “Vibo Unica” Stefano Luciano, già proveniente dal centrodestra, compagine in cui è tornato dopo aver abbandonato il “Terzo Polo” che aveva contribuito a comporre. Dopo il tonfo elettorale, con la lista che è passata dal 9,5% del 2019 al 5,4% di questa tornata, i fedelissimi “lucianiani” si contano sulle dita delle mani di un monco. Ad essere formalmente eletta è l’avvocata Claudia Gioia, sua collega di studio legale, con 245 preferenze ottenute (a seguito del grande sforzo di Luciano che ha convogliato unicamente su di lei i consensi e le “doppie preferenze”).
Eppure “Vibo Unica” rischia di sparire dal consiglio comunale perchè l’ex consigliere Peppe Russo, che di preferenze ne ha ottenute formalmente 242, ha fatto ricorso al TAR contro l’elezione della Gioia. Ma c’è una sorpresa: nella sezione elettorale 23, per come certificato dalla magistrata presidente della commissione elettorale Tiziana Macrì, Russo avrebbe ha ottenuto 10 voti in più rispetto a quelli erroneamente attribuitigli. L’udienza si terrà al TAR di Catanzaro il prossimo 20 novembre e vedrà la Gioia difesa dall’Avv. Pino Pitaro e Russo difeso dall’Avv. Francesco Lione. L’ex consigliere, in caso di vittoria (plausibile) e di subentro, manderà un “ciaone” a Vibo Unica e a Stefano Luciano, che vedrà disciolta la sua leadership ed il suo presidio consiliare. È proprio il caso di dire, mai na Gioia!
Altri “ex” di Vibo Unica, però, si ravvedono tra gli esponenti della lista di Romeo “Centro Studi”. In particolare, l’attuale assessora alle politiche sociali Lorenza Scrugli è stata assessora allo stesso ramo dal 2015 al 2018 con il centrodestra di Elio Costa proprio in quota “Vibo Unica”. A subentrare in consiglio con “Centro Studi”, invece, c’è un ex candidato di “Vibo Unica” del 2019, Filippo Paolì detto Pippo, commesso della “Salmoiraghi&Viganò”, con una condanna definitiva a 1 anno e 2 mesi di reclusione (pena sospesa) per concorso in denuncia di sinistro non accaduto (sentenza del Tribunale di Milano del 2 febbraio 2023).
Quest’ultimo è sposato con Alessandra Grillo, sorella di Loredana Grillo, coniugata con Giuseppe Camillò, condannato in primo grado in “Rinascita-Scott” a 23 anni di carcere per associazione mafiosa unitamente al figlio Domenico, condannato a 26 anni. Il nonno-omonimo di quest’ultimo, è stato condannato in appello nel troncone abbreviato di Rinascita a 15 anni e 4 mesi, sempre per associazione mafiosa. Insomma, un bell’ambientino. Che ne penseranno i “duri e puri” di sinistra?
1 Comment
Carissima che dire sei la numero uno hai fatto una ricostruzione perfetta e puntuale.purtroppo spesso la dignità di tanti politici pur di arrivare alla poltrona non si ricordano cosa hanno detto e affermato il giorno prima mettendo sotto i piedi non solo la dignità politica ma anche quella personale. Sei bravissima continua così è Bello leggere quello che scrivi.un abbraccio.la mia pietrocom54@gmail.com.a riserntirci