Ho già reso noto che il giudice della Sezione Lavoro del Tribunale
di Roma ha respinto la domanda con la quale chiedevo che mi venissero retribuiti i 10 anni e più nei quali ho svolto funzioni di Direttore generale della Fondazione Giuliani.
Non li avevo chiesti prima perché intendevo che il mio lavoro a tutto campo fosse il mio personale dono alla città natale.
Quando con una manovra da quinto mondo è stata occupata, a mio parere rubata, la Fondazione, che in termini economici si avvicina ai 15 milioni di euro, questa mia intenzione è venuta meno.
L’avvocato modenese – sempre presumo con la regia di Mungari – s’era opposto alla domanda eccependo che il rapporto di lavoro parasubordinato (non vi tedio con i tecnicismi) non era di competenza del Giudice del lavoro. Eccezione respinta.
Tutta la difesa della Fondazione rubata si fondava su un falso che il sig. WP ha fatto circolare molto e in tanti gli hanno creduto per lo più in malafede (alcuni avvocati locali compresi).
Che io avessi ricevuto una donazione milionaria e che essa era la retribuzione che non avevo percepito, così come non avevo ricevuto neppure un grazie del testamento valido di Sergio Giuliani, era un mezzo falso.
Non era vero, era una bestialità giuridica che una donazione fosse uno stipendio camuffato; era vero che Sergio Giuliani, che non aveva peraltro il senso della riconoscenza, aveva ricevuto solo da me la funzione di “amministratore di sostegno” (cioè passare decine di giorni per ricoveri ospedalieri, accertamenti medici, ecc… in tutt’Italia e en passant recuperare un nefrologo che mi aveva visitato disponibile a recarsi con urgenza a casa di Giuliani che aveva un blocco renale con alto rischio di setticemia. Così Sergio la scampò).
Ma veniamo al processo: la controparte non nega che il diritto ad essere retribuito l’avessi, ma ripropone come motivazione la scusa della donazione che uno studente del primo anno di giurisprudenza definirebbe una puttanata.
Nondimeno dà ragione alla Fondazione.
Perché? Perché a suo dire il mio avvocato avrebbe dovuto spiegare perché il DG è un collaboratore parasubordinato. Doveva spiegare quello che compare in decine di pagine di Google.
Da questa bizzarria deriva questa curiosa sentenza: la Fondazione vince nonostante la motivazione a supporto della sua domanda di rigetto sia stata considerata carta straccia e tale era veramente. Ma Walter Pellegrini ha detto e scritto (e i cari colleghi, avvocati locali, giornalisti felici di far fuori un concorrente vincente e libero, voltagabbana al seguito), per darsi una parvenza di legalità che questa donazione, la sola con atto notarile, per non seguire l’esempio di tanti altri beneficiari molto più gratificati, fosse il pagamento anticipato del mio impegno lavorativo che sarebbe dovuto durare fino al 2031 (!!) e che a naso sarebbe ammontato a € 20.000 lordi annui. Che avessi diritto ad essere retribuito nessuno lo contestava, neanche la controparte.
La sentenza è negativa perché, per il giudice, l’avvocato avrebbe dovuto fare al limite un copia-incolla dei post che scrivono fino ai particolari più pedanti per spiegare cosa sia un rapporto parasubordinato.
Il DG più avendo un ruolo apicale e importante è un subordinato particolare, ecco perché si definisce parasubordinato, perché sopra di lui c’è un Consiglio di Amministrazione che deve approvare il bilancio preventivo delle spese e delle iniziative che il DG intende assumere e poi questi deve operare con continuità, coprire tutte le aree dell’impresa, rispondere civilmente e pienamente di eventuali errori non solo suoi, ma di tutti i collaboratori.
Non basta il giudice, al quale dopo avermi visto una volta per due minuti, sono risultato evidentemente antipatico mi ha anche condannato a pagare spese legali alte, 12.000 lordi, a compenso di una Comparsa demenziale e di una sola udienza in presenza dell’avvocato emiliano. Un caso anomalo che somiglia molto ad un intento punitivo.
Nella realtà non c’è stato uno che ha vinto e l’altro che ha perso:
perché da un lato è stata negata la retribuzione perché si è scritto poco sul come e perché un DG in una Fondazione è un “parasubordinato” e l’altro, la Fondazione targata WP, ha vinto anche se le sue ragioni sono state sottolineate con rosso blu e se possibile con il nero perché prive di senso.
In questi casi si ha una specie di “doppia soccombenza” ma chi dovrebbe pagare un’enormità è uno solo. Ma io non pagherò, farò appello (tra tre o quattro anni si avrà la sentenza), i sei dell’apocalisse al vertice da abusivi della Fondazione potranno portare avanti il loro disegno di abbattimento di Villa Rendano, e forse qualcuno che prima per indicare la Villa diceva “dove si pagano le bullette” tra qualche anno dirà “quella ca due fissa (Giuliani con i denari e Franco Pellegrini con la fatica e lo stress oltre i limiti) “vuliano fare nente di meno un pollo culturale, mi pare”.
Sic transit gloria mundi.