Non considero motivo di imbarazzo dire e scrivere il mio punto di vista sull’incredibile vicenda di una Fondazione trattata come una preda da cuocere a fuoco lento dimenticando, o fregandosene, di alcuni fatti e regole che dovrebbero essere scontate e, se lo sono, debbono tradursi in sanzione giuridica e morale di quanti li hanno ignorati e calpestati.
Sono postulati che valgono sempre e dappertutto, di norma vengono rispettati perché non farlo comporterebbe delle conseguenze sgradevoli, quanto meno la perdita del consenso delle persone per bene, la preclusione per incarichi e opportunità che richiedono proprio quel rispetto che è mancato.
Vengo al concreto: un sistema che comprende politici, amministratori, uomini di cultura, giornalisti, insomma tutti coloro che non rientrano nel grigiore anonimo della gente comune, senza defezioni, ha ritenuto possibile, conveniente, che una “donazione” fatta di risorse economiche, tante, e di lavoro e impegno – mi riferisco a Villa Rendano e a ciò che ha costruito per la città – fosse oggetto di una rapina o di un furto o della dissacrazione dei valori di civiltà e legalità.
In un paese normale tutti i complici sarebbero disprezzati, sarebbero travolti dalla vergogna. Non a Cosenza, qui non si fa così. Accade che gli autori e mandanti siano immuni da ogni reazione negativa e loro, che ne sono consapevoli, dalla vergogna passano all’arroganza del “lei non sa chi sono io”.
Mario Occhiuto uscito fresco e profumato da una prima condanna penale e prima o poi forse chiamato a difendersi in Tribunale dove un suo amico e presunto “complice” è stato già condannato, anziché sentirsi ladro di fiducia e buona fede di chi gli ha creduto un giorno, nel quale come una sirenetta ha convinto Giuliani a spendere quasi 4 milioni per salvare e ridare un ruolo a Villa Rendano (che se andava in farmacia per acquistare uno sciroppo chiedeva lo sconto del 10%) si permette di pavoneggiarsi, di rivendicare la sua amicizia e la sua “complicità” con un Pellegrini che gli sta simpatico perché campione di tradimenti plurimi.
Di Franz Caruso è inutile parlare perché è inutile in tutti i sensi.
Oggi dopo la sconfitta al Tribunale del lavoro, che peraltro non ha preso sul serio la pretesa di considerare, solo per il sottoscritto una donazione pubblica per una tardiva e sofferta riconoscenza per un’assistenza e vicinanza personale che altri più robusti beneficiati gli hanno negato fino alla morte come remunerazione mai percepita come Direttore generale, ho avuto un informale scambio epistolare con l’avv. Mungari perché non sono più nella condizione di continuare una inutile battaglia giudiziaria, e sarebbe stato logico aspettarsi – in una pausa di reviviscenza – che dicesse: “sì è vero, sono stato il regista del colpaccio, ci ho pensato dopo che per la prima e unica volta ti sei rivolto ad un notaio, e non a me, per inserire nello Statuto un modo trasparente di dare continuità alla fondazione dopo la tua dipartita”, poi contando sulla fiducia che avevo fatto in modo di ostentare avevo accettato di essere esecutore testamentario a tutela di tua moglie, “ti ho fregato costruendo un ruolo inattaccabile, ma forse qui hai osato troppo e male, per decidere come e quando farti fuori (alla faccia del “consulente” quasi decennale della fondazione ecc… ecc…).
Non parliamo di Walterino che anziché recarsi al cimitero per chiedere perdono al padre Luigi che sapeva avere con me un vero rapporto di fratellanza e spiegare perché si è sentito infastidito della mia venuta a Cosenza, forse perché temeva che perdesse il compenso annuo per non fare nulla di 45.000 euro fino a tutto il 2021 per un totale di € 300.000, più che sufficiente a compensare un killer di medio calibro o perché come accaduto ho bloccato un contratto a tempo indeterminato (?) di € 28.000,00 annui per fare il look alla pagina Facebook e ai loghi, mentre ho finto di non vedere alcuni contratti non firmati, e comunque da me che solo potevo farlo.
Potrei aggiungere i miei colleghi de ICalabresi che anziché riconoscermi di avere esercitato il ruolo di Direttore responsabile
con una correttezza esemplare – rarissima oggi in tutt’Italia – mi hanno scaricato in meno di 24 ore e riempito di mail nelle quali mi imputavano le loro allucinazioni ed un incomprensibile rancore per il fatto che esistessi.
Insomma ho scoperto che a Cosenza dove tutto va alla rovescia: gli sciocchi vincono sugli intelligenti, i disonesti fanno strazio degli onesti, i traditori non hanno scrupolo per le loro ambizioni a usare tutti i mezzi e a farsi forti dei mandanti che se ne fottono della legge, della buona prassi, dell’opinione pubblica che qui non esiste e che mai esisterà per la latitanza di una vera e limpida informazione.
E in questo ribaltamento degli opposti, un Mungari qualsiasi, un trio Lescano di mascalzoni come contorno, un ex sindaco miracolato dall’elezione del fratello alla presidenza regionale, anziché starsene buoni e zitti per non svegliare il can che dorme fanno gli smargiassi, si sentono non vermi ma esseri umani, si godono il loro successo che è però figlio di un’umanità degradata.