In un fondo su La Repubblica, Massimo Giannini, riprendendo dai Sonnambuli raccontati da Hermann Brosch nel 1930, scrive che “viviamo una vita inquieta e senza baricentro, in un mondo in preda all’anarchia, in cui nessuno sa più se sta a destra o a sinistra, sopra o sotto…”.
In un modo ancora più semplice possiamo dire che il mondo, vaste aree del globo e singoli paesi, non capiscono il presente e tanto meno sono in grado di prevedere il futuro.
La globalizzazione salutata come la soluzione a tutti i problemi dell’umanità, per una specie di eterogenesi dei fini, ha aumentato le diseguaglianze con i ricchi diventati ancora più ricchi di quanto già lo fossero, e i poveri diventati più poveri e miserabili.
L’esplosione delle migrazioni che ci ostiniamo a considerare un problema d’ordine pubblico e non quello che è, il solo modo di provare a sopravvivere, ne è la conseguenza più visibile.
L’ordine mondiale che si credeva irreversibile si fondava su tre errori o se volete tre presunzioni.
La prima, fatta sua da Obama, era che la Russia fosse ormai un’insignificante “potenza regionale”, cioè quasi niente. Si spiega anche così la rinuncia ad un ragionevole compromesso dal 2014 ad oggi tra Ucraina e Russia e la guerra che sta provocando danni e vittime incalcolabili.
La seconda era la presunzione, diventata narrazione onirica e cialtronesca al tempo di Trump, che ha buone probabilità di essere di nuovo il Presidente degli USA, che l’egemonia americana fosse garantita e incontestabile.
Il terzo errore è stato quello di pensare che la Cina fosse impegnata solo allo sviluppo dell’economia sul modello capitalistico e fosse contenta di restare nel suo “orticello”, un orticello però pari quasi a un terzo di tutte le terre emerse.
Dunque, sbagliate le previsioni diventa, quasi impossibile trovare soluzioni semplici per macroproblemi complessi. E ogni giorno se ne ha la prova.
L’Europa che con l’allargamento a 28 stati, voluto dagli americani, e realizzato da Prodi quando era il Presidente della Commissione UE, diventata politicamente ancora più debole, ora è un vero nanerottolo che non riesce a marciare unita pure nella scelta del paese che ospiterà nel 2030 le Olimpiadi.
E l’Italia che fa? Fa molta mmuina e cerca di farsi vedere e sentire dai partners europei.
Occorre dire che l’accusa che tutto sia colpa del centrodestra con un anno di governo alle spalle è una bufala, una delle tante che la Gruber ripete ossessivamente a 8 e mezzo e il PD e il M5S ripetono per depurare la propria immagine da errori, omissioni, immobilismo mentre il buon Bersani non andava, dinanzi alla incessante domanda di cambiamento, oltre l’assicurazione che “qualcosa faremo”. Ai post comunisti piace tanto la parola cosa e in attesa che il PCI dopo la Bolognina cambiasse look il nuovo, atteso da tempo, era stato battezzato cosa.
Poi ti chiedi perché il PD può cambiare dieci segretari, ma senza identità, anche se balla la danza della pioggia, non va da nessuna parte.
E ora parliamo della Calabria e dei calabresi. Questi ultimi che sanno che siamo quasi sempre ultimi in tutte le classifiche del mondo occidentale non parlano, non si esprimono, al massimo borbottano e scrivono un cauto dissenso mandando emoji ai soli giornali che sono o si proclamano liberi, ICalabresi prima e I Nuovi Calabresi oggi. E si autogratificano parlando della bellezza della loro terra al netto delle decine di chilometri devastati dalla barbarie di palazzinari di periferia e delle città capoluogo dove le case sembrano essere state costruite lanciando a casaccio i dadi.
E poiché siamo, noi italiani, in maggioranza anziani, il ricordo del passato anche lontano prevale sul presente e manca del tutto la visione del futuro. Nascono così le citazioni di San Francesco da Paola, di Gioacchino da Fiore, di Tommaso Campanella di cui dubito si sappia molto.
Ma nonostante tutto i giovani esistono e quanti di loro hanno capacità e coraggio non hanno bisogno di parlare del loro disagio, dell’assenza di opportunità di crescere e essere valorizzati, della loro delusione. Le loro parole le affidano ai fatti, e quello più ricorrente è lasciare la Calabria, andarsene al nord o all’estero
dove sanno che il lavoro, la competenza e l’impegno sono cose preziose e nessuno ha interesse a scambiarli con cianfrusaglie da bancarella. Gli altri che restano in buona parte o si accontentano dimenticando laurea e diploma o attendono, come chi li ha preceduti, la sospirata raccomandazione. Non hanno capito che con le liste bloccate il mercato dei voti ha perso valore e quel poco di posti liberi nella sanità, nella pubblica amministrazione sono riservati a figli, nipoti, mogli e amanti dei (pre)potenti.
Se non capiamo tutto questo, se siamo “sonnambuli”, se siamo indifferenti al destino di questa terra è giusto che Villa Rendano, ad esempio, destinata a diventare da preda, frutto di rapina, un mercatino di banalità e di marchette, non interessi a nessuno (magari dovrebbero almeno chiedere scusa al suo fondatore Sergio Giuliani, non un intellettuale, ma un ingenuo innamorato della sua città natale) e se tutto o quasi tutto quel che vediamo e sentiamo accadere a casa nostra non ci tocca minimamente “tantu mi fazzu i fatti mia” non abbiamo il diritto di lamentarci perché noi non siamo sempre vittime di altri.
No, siamo noi i becchini patentati di questa terra che Dio ha creato bella e gli uomini hanno deturpato, realtà fisica e anima e valori, per viltà. per pensare solo ai fatti nuestri.