Elly Schlein, molto turbata dalle sofisticatezze del ministro Francesco Lollobrigida in materia di sostituzione etnica, al punto da chiederne una dissociazione a Giorgia Meloni, vorrei ricordare, a proposito della medesima Meloni: George Soros, il più grande speculatore finanziario del mondo, finanzia l’invasione dell’Europa da parte di immigrati clandestini (marzo ’17); in Italia c’è un disegno di sostituzione etnica (giugno ’17); l’obiettivo del Pd è una sostituzione etnica e favorire con l’immigrazione lo sfruttamento del lavoratori (settembre ’17); Soros, il finanziere che sostiene e finanzia in tutto il mondo l’immigrazione di massa e il disegno di sostituzione etnica (gennaio ’18); è un’invasione pianificata e voluta. Seguitemi nel ragionamento: la solidarietà non c’entra niente. La ragione per cui fanno entrare centinaia di migliaia di immigrati è perché è manodopera a basso costo per il grande capitale, così i nostri lavoratori che costano di più non trovano lavoro ed espatriano: si chiama sostituzione etnica (febbraio ’18); c’è un disegno di destrutturazione della società che mira a privarci della nostra identità costruendo una società multiculturale senza identità, radici, consapevolezza, in modo che le persone diventino consumatori tutti uguali in balia del capitale (giugno ’19); dobbiamo capire che dietro questo grande tema dell’immigrazione incontrollata, non c’è il tentativo episodico di persone che sperano di sbarcare in Europa. C’è un movimento organizzato, c’è anche un disegno di destrutturazione della società (giugno ’19). Non mi dica, cara Schlein, che non l’avete vista arrivare.
Questo articolo è tratto dalla rubrica quotidiana di Mattia Feltri pubblicata su La Stampa. La cito nella sua interezza perché il giornale diretto oggi da Massimo Giannini, che ne ha fatto il migliore quotidiano italiano, non viene distribuito a sud di Napoli. È quello che si fa con le colonie, in cui si pensa non valga la pena spendersi, perché i lettori si conterebbero sulle dita di una mano o perché si pensa che non ci sia un’opinione pubblica attiva ed incisiva che occorra sostenere con un’informazione di qualità. In realtà i quotidiani nazionali che non trovi nelle edicole calabresi sono diversi e resta solo la possibilità di abbonarti per leggerli on line. Questa è solo una premessa che ci ricorda come la collocazione ai margini della realtà italiana sempre più evidente, della Calabria non è frutto di un complesso di inferiorità o addirittura di mania di persecuzione, ma è triste realtà.
I calabresi per essere conosciuti per quel che sono, virtù (e difetti), impegno e determinazione, capacità e competenze debbono provarlo, ma lontano dalla propria terra. In qualche misura questo non è uno scandalo o un’anomalia, le potenzialità professionali, intellettuali o genericamente lavorative hanno oggi bisogno di un contesto dinamico, aperto alle innovazioni, emancipati da modelli sociali che sono in controtendenza con il nostro tempo, senza per questo dover rinnegare il sistema di valori che è il profilo identitario di noi tutti.
Ma Mattia Feltri è tirato in ballo non per parlare dei calabresi ma per ricordare due dati di fatto che sono speculari: le citazioni su temi cari alla destra non sono una novità che ci può sorprendere. Sono state dette e ridette da anni centinaia di volte e le persone che le condividono e le ritengono fondate sono milioni pari o quasi pari a coloro che l’hanno votata il 25 settembre scorso e che oggi legittimamente governano questo Paese, mentre il centrosinistra neanche ci ha provato a vincerle le elezioni e nella sua presunzione di essere migliore e quindi con il diritto di governare a prescindere, oggi mostra di essere stordito, come fosse cascato dal pero.
Il fatto che abbia governato nove anni senza aver mai vinto le elezioni ha convinto i partiti teoricamente della sinistra, in particolare il PD, che era possibile, addirittura conveniente non fare piuttosto che fare, presumere che la propria diversità “biologica” non dovesse generare anche progetti, proposte, riferimenti sociali e culturali profondamente diversi dal fronte conservatore.
Insomma non centro destra et centro sinistra, ma l’uno aut l’altro.
A me pare che la battuta che chiude il pezzo di Feltri sia una magnifica traduzione sintetica di un discorso lungo. “Non mi dica, cara Schlein, che non l’avete vista arrivare”.
Forse è ingiusto dirlo alla neosegretaria del PD che quella battuta l’aveva detta lei pensando ai suoi compagni di partito.
Si poteva più giustamente indirizzare a Zingaretti e Franceschini, ad esempio, che dopo un paio di settimane dalla caduta del Governo Conti 1, il più a destra della recente storia politica italiana, si sono innamorati dello stesso Conti, proclamandolo hic ac nunc “leader” dello schieramento progressista in nome di quella cavolata ribattezzata “campo largo” con la consulenza di Goffredo Bettini, nelle occasioni in cui abbandonava il buen retiro in Thailandia per venire a proporre la ricetta perfetta per affossare il suo partito.
Ora a parte la testardaggine di battezzare il M5S coprotagonista dello schieramento cosiddetto progressista, senza neanche chiedergli se lo è e soprattutto lo vuole, il PD deve lui provare di essere progressista e non essendoci più il discrimine dell’ideologia deve provare a dire (e poi realizzare) le seguenti intenzioni: mi impegno a non amoreggiare sotto il letto con transfughi del campo opposto, mi impegno a non banchettare – come si dice facciano – i suoi teorici avversari, preoccuparsi del bene di tutti i cittadini ma in particolare dei più deboli e fragili, cioè dei più poveri e dimenticati. Impegnarsi a non nascondersi per convenienza dietro il velo, peraltro bucherellato, della massoneria, specie quella “deviata”; di non reprimere le voci e l’informazione libere; di fare piazza pulita delle cariatidi ribattezzati cacicchi, che sono incollati alle poltrone per diritto ereditario e fare largo a uomini e donne che vogliono cambiare veramente.
Questa “partita” si gioca nei territori, specie quelli del Sud che sono inchiodati ad accordi fifty fifty tra schieramenti teoricamente alternativi e camuffati da una convergenza politica solo di facciata.
E quindi ci dovremo tornare su, magari indicando in concreto le molte porcate che hanno sfigurato il centrosinistra, in Italia e voilà in Calabria e, per quanto ci riguarda, a Cosenza. Peccati e peccatori. Questa era solo l’introduzione…