Quanti hanno 50 anni e forse più ricorderanno che gli intellettuali erano ascoltati con rispetto, alcuni con devozione, erano in particolare assoldati per occasioni politiche speciali dai partiti, a quel tempo non ancora delegittimati come oggi, in particolare dal PCI.
Non c’era evento, guerra, moti insurrezionali – come in Ungheria e Polonia ancora vincolati alla fedeltà assoluta all’Unione sovietica -che non producesse un “manifesto” di norma di sostegno al regime comunista che non fosse sottoscritto da decine di intellettuali famosi d’area. Eravamo ancora lontani dall’emancipazione prudente dei comunisti italiani dai compagni sovietici.
Quegli intellettuali che gli avversari del PCI definivano “utili idioti” in realtà non erano idioti e soprattutto erano in grado di dare autorevolezza a slogan e messaggi che della verità storica avevano ben poco.
Oggi il ruolo degli intellettuali, da questo punto di vista, è quasi marginale. Non hanno più il carisma di un tempo ed è quasi paradossale, perché mentre in quegli anni i giornali erano un canale di comunicazione efficace ma tutto sommato limitato, la TV di Stato almeno i manifesti degli intellettuali ce li risparmiava, oggi con la diffusione della comunicazione attraverso la rete ci sarebbe uno spazio molto maggiore. Parlo di quantità, non di qualità, perché se ci si ferma alle News che sono per la gran parte fake news – traduco: bufale tossiche per il cervello umano – potremmo riempire interi programmi con l’esibizione di “intellettuali”. Comunque le porte televisive non sono sbarrate e in diversi programmi qualche volto nuovo definibile come intellettuale lo trovi, ma non in grado di convincere le masse.
Sarebbe utile scavare più a fondo per gettare luce su questo apparente paradosso tra tecnologie avanzate, un pubblico di miliardi di possibili lettori/spettatori e la sostanziale irrilevanza degli intellettuali. Vale la pena di fare questo esercizio? Sì: capire
che cosa è successo agli intellettuali, infatti, ci dovrebbe aiutare a comprendere meglio lo stato – e le prospettive future – delle democrazie in cui viviamo.
Ma temo che perderei per strada la metà dei lettori.
Perciò per chiudere questa introduzione mi limito a riassumere come è oggi “il circo mediatico”: la televisione rilancia il web, che riprende i giornali, che sono letti alla radio, che è ripresa dal web, con una rete estremamente veloce di richiami, amplificazioni, censure e retroazioni, che vede il suo sempre più importante sbocco finale negli schermi degli smartphone, dove tutto viene sminuzzato e rimescolato tenendo conto delle preferenze degli utenti.
È facile capire che in questo gioco dell’oca gli intellettuali veri sarebbero fuori posto, farebbero calare gli ascolti e quindi gli introiti pubblicitari.
Ma uno spazio lo trovano quei personaggi che scivolano nelle vesti del clown o del buffone di corte.
L’intellettuale eterodosso viene invitato, soprattutto in televisione, per divertire il pubblico. Se si presenta in maniera peculiare, per il modo di vestire o di parlare (se, per esempio, grida facilmente o se usa un gergo inusuale), la sua presenza ipso facto copre di ridicolo le posizioni critiche a cui in qualche modo, a torto o a ragione, viene associato.
Nomi? Tanti ma senza scadere nel peggio un intellettuale come Sgarbi, che grida come un ossesso e usa un gergo inusuale, tipo capra, capra, capra, è un ospite che funziona in questo circo mediatico per stomaci forti e menti ottuse.
Questo nelle intenzioni iniziali doveva essere l’introduzione per scrivere dei nostri intellettuali nativi, del ruolo che hanno oppure non hanno, del contributo che danno in concreto alla società calabrese che annaspa tra pseudo politici, pseudo accademici, pseudo paladini della cultura soprattutto civica.
Ma ne parleremo con un altro articolo che mi è stato suggerito dalla lettura di un saggio dell’antropologo di grande spessore intellettuale e lontano – ohibò – dai circoli accademici autoreferenziali e quindi del tutto inutili per i normali cittadini. Parlo del prof. Giovanni Sole.
Con un altro articolo, se l’ispirazione mi sorregge, scriverò qualcosa sulla monade spinoziana chiamata Unical.