Sono trascorsi poco più di cinque mesi dall’apertura di un blog che, senza formalizzarlo, intendeva essere un giornale con un profilo analogo a ICalabresi, che con una manovra fascista è stato chiuso (in questo caso il riferimento è al modo agire del ventennio) pur avendo tutti i parametri che indicavano un successo diffusionale, economico e editoriale indiscutibile e peraltro non previsto in un arco di tempo limitato.
La storia la conoscete, la fine del “mio” giornale – mio nel senso che l’ho prima immaginato, poi collocato virtualmente nella vastissima e dispersa comunità calabrese in Italia e nel mondo, poi affidato a giornalisti liberi e bravi (di cui dirò prima o poi qualcosa) e infine diretto – preparata da una vergognosa manovra di palazzo per appropriarsi della Fondazione Giuliani, come fosse una cosa a disposizione del primo malintenzionato che ha nomi e cognomi. Nell’ordine Walter Pellegrini, di cui faccio fatica a scrivere il nome per rispetto alla memoria del padre Luigi, amico, “fratello” per reciproca volontà, Santo Mungari, Linda Catanese e Giovanni Gambaro.
Ma questa è la premessa. Ciò di cui voglio parlare (per scrivere è come parlare a ciascuno degli oltre 150.000 lettori che ad oggi ci seguono con incrementi mensili del 90%) non è i Nuovi Calabresi ma delle indicazioni, richieste, denunce, sentimenti e idee di una comunità calabrese e non solo che si divide tra residenti in Calabria, Cosenza e provincia in particolare, e per un buon quarto nel nord Italia, Europa e sorprendentemente (con percentuali minime, ovvio) in Stati Uniti, Australia, Canada, Colombia, Benin (?) e altri che non ricordo.
Insomma mi riferisco a quanto ho tratto da centinaia di commenti e messaggi da parte degli amici – per me sono tali – de I Nuovi Calabresi.
In totale sincerità dico che, oltre ai numeri imprevisti, emerge un giudizio molto severo nei confronti dei suindicati “occupanti”. L’avere violato antichi rapporti amicali e fiduciari è stato giudicato da alcuni non lettori un segno della mia idiozia.
Penso che ci sia un po’ di verità in questo, ma se non hai fiducia nelle persone che hanno incrociato e accompagnato per anni la tua vita personale e professionale che vita è?
La stragrande maggioranza la pensa diversamente: fidarsi non è una colpa, tradire per bramosia e cattiveria è invece colpa grave. Per questo, come ho scritto più volte (e scriverò sulla “falsa giustizia” in altro articolo) non è il Tribunale che pure deve pronunciarsi (tra altro presto sulla sospensiva dei provvedimenti che hanno consegnato la Fondazione ai quattro suindicati più tale Kostner e il più noto Mario Occhiuto), ma la comunità dei calabresi e cosentini. Perché a loro, cioè alla nostra città, è stata aggiunta una macchia nera che non meritava.
Esagero in un eccesso di protagonismo e/o vittimismo? Niente affatto: l’ho scritto e lo ripeto.
Mario Occhiuto, sindaco nel 2011, credo con le migliori intenzioni propose, chiese, e si attivò in concreto partecipando al primo incontro a Napoli con due dirigenti di SNAM, a Sergio Giuliani che non lo aveva previsto l’acquisto e la ristrutturazione di Villa Rendano, conosciuta solo come “il posto dove si pagano (si pagavano) le bollette”.
Questo accordo attivo si chiama “sussidarietà”, cioè la leale e necessaria collaborazione tra privato e pubblico, che qui è stata fatta a pezzi da Mario Occhiuto. In questo caso l’immunità senatoria non vale un fico secco. I lettori, in molti, indicano che merita un 4 in condotta.
Poi passiamo all’altro sodale dei masnadieri, Franz Caruso.
Nei suoi riguardi, a parte la vicenda Villa Rendano, ogni qual volta viene citato in un semplice post o in un articolo “viene giù” una valanga di giudizi impietosi per la sua “disqualità” di Sindaco e purtroppo diversi improperi.
Diciamo che questo accade non solo o principalmente per la sua “complicità di fatto” con un’azione illegittima e moralmente riprovevole, ma per l’impalpabilità della sua funzione istituzionale, che si sospetta sia dovuta alla presenza imperiosa di un bakstage tira i fili dello spettacolo.
In genere ciò che appare – e non è mai stato così evidente, con nome e cognome al seguito, neppure al tempo de ICalabresi – è che la gente non ne po’ più di una politica “da caporalato” – definizione di Mons. Savino Vescovo di Cassano in un’intervista rilasciata a suo tempo a ICalabresi – che viene percepita come mero esercizio del potere a fini personali.
Non ne può più di una cupola di poteri fatta di molti magistrati, molti imprenditori, molti accademici e molti “pesci in barile”, massoneria deviata, molti collusi con la ‘ndrangheta dei capitali, che soffoca da almeno trenta anni Cosenza che appare oggi ingrigita, lontana miglia dalla Cosenza che contava con i Mancini, i Misasi, gli Antoniozzi e i Principe anche in sede nazionale e comunque era considerata la vera città calabrese con una marcia in più.
Potrei aggiungere altro, ma chiudo questo breve “report” che ho ricavato dai giudizi degli amici de I Nuovi Calabresi, dicendo a tutti che in Italia, nel mondo e guarda un po’ anche in Calabria e a Cosenza la temperatura è in rapida e forte crescita e non è detto che gli apparati “di sicurezza” di cui il potere s’è dotato evitino lo scoppio.
Qui ci vuole propria una citazione autorevole di Cicerone: “Quousque tandem… abutere patentia nostra?
PS: La mia modestissima e insignificante pazienza da mò che si è esaurita!