Vorrei scrivere della proposta del Ministro dell’Istruzione con la quale si ipotizza che gli insegnanti che lascino il Sud per andare a lavorare nelle scuole settentrionali possano ricevere una retribuzione maggiorata. Non si conosce a quanto potrebbe ammontare, ma i precedenti ci avvertono che si tratta sempre di cifre modeste.
La prima domanda che mi pongo è se il costo della vita, specie nelle grandi città del Nord, è decisamente più alto, perché solamente agli insegnanti si promette un aumento di retribuzione? Forse perché è troppo basso senza dovere fare confronti con l’Europa? Ma lo è a nord e a sud, pertanto per un’elementare giustizia distributiva e per un riconoscimento del ruolo essenziale che la scuola è chiamata a svolgere – è per ora solo uno slogan senza effetti – la rivalutazione economica andrebbe fatta a prescindere dalle aree territoriali.
La seconda domanda è se vivere al nord, soprattutto se si vuole prendere in affitto un piccolo appartamento o una stanza o un letto in una stanza, non a Piazza Duomo ma nell’hinterland milanese, perché la stessa rivalutazione economica non la si applica a tutti i lavoratori meridionali emigrati nel settentrione?
Poiché i calabresi sanno bene di cosa si parla, perché un terzo dei loro giovani lasciano la nostra regione se vogliono trovare non un lavoro qualsiasi, ma che sia congruo con gli studi fatti e con le loro legittime aspirazioni. Con gli stipendi che anche a Milano spesso non raggiungono l’importo di € 1500,00 si vivacchia se si è soli e si sopravvive se si è in coppia.
Ma i datori di lavoro, anche quando potrebbero allargare i cordoni della borsa, di solito si limitano ad accusare il cuneo fiscale, che incide molto perché l’Italia da decenni è alle soglie del default.
La trovata del Ministro dell’Istruzione è solo uno specchietto, però va affrontato a Cuneo, Rovigo, Cosenza e Caltanissetta.
È vero che il costo della vita specie nelle grandi città è pari ormai a Parigi, Lussemburgo, inferiore solo a Londra e non si risolve con poche decine di euro ad una sola categoria che lo merita ovunque si trovi a prescindere.
Sui giornali sono riapparse, come una condanna a vita, le analisi teoriche di sociologi, di sindacalisti ,idi laqualunque. Tutte evocando i grandi temi – la desertificazione del sud, la sua scomparsa dall’agenda politica nazionale, il suo abbandono al governo di fatto poco delle istituzioni molto della massoneria, deviata e non, con la quale spesso la politica si fa complice e pertanto ininfluente.
La trovata del Ministro solo a fini di propaganda e per far sapere che esiste non ha neppure il pregio della novità.
I meno giovani ricordano che fino agli anni ’70 esistevano le cosiddette gabbie salariali. I livelli salariali a parità di prestazione erano graduati secondo il costo della vita nelle diverse zone dell’Italia.
La proposta avanzata per gli insegnanti che sono pronti a fare le valigie dimenticando che ce ne sono già a decine di migliaia in Padania, di cui nessuno s’è curato – fino al caso limite di quella bidella che si fa ogni giorno Napoli-Milano e ritorno, ma ce ne sono migliaia che partono dai paesi della Campania per raggiungere Roma o la provincia – è una riproposizione circoscritta delle gabbie salariali.
La cui cancellazione aveva soprattutto un valore politico e sociale nel segno della parità, peraltro spesso solo teorica, di diritti tra lombardi emiliani e calabresi e siciliani.
Se non si vuole mettere la testa sotto la sabbia ricordiamoci tutti almeno queste parole: la parità si costruisce offrendo servizi tendenzialmente omogenei su tutto il territorio nazionale, la crescita economica si realizza nel tempo con infrastrutture adeguate al sud come al nord, sia pure graduando l’importo degli investimenti alle esigenze concrete dei territori; l’unità del Paese è incompatibile con la presenza oppressiva e corruttrice delle mafie e dei colletti bianchi con grembiulino nero che la favorisce; l’emancipazione dei cittadini si chiama parità di diritti anche quelli che sembrano minori, il diritto all’informazione libera , traduco nel piccolo l’illegittimità della chiusura di un giornale libero, autorevole e diffuso come ICalabresi, il diritto alla formazione e alla cultura, ecc…
Dell’assenza o non sufficienza di queste condizioni in Calabria, e non solo, ce la prendiamo con il “destino cinico e baro” che un leader politico Saragat, sconosciuto a chi ha meno di 50 anni tirava in ballo a sproposito? Troppo facile: osservate i vostri Sindaci e amministratori,
i vostri esponenti politici di ogni colore, i vostri funzionari e dirigenti della Pubblica Amministrazione, i parassiti che pullulano come le margherite in primavera. Giudicateli con serenità, senza pregiudizi e però se alcuni almeno vi paiono inadeguati o peggio ditelo, non mormoratelo, scrivetelo non avendo paura di firmare, difendete quegli ingenui che, non sono pochi, provano a cambiare le cose, e infine una richiesta personale: non perdonate quelli che hanno colpito un giornale on line libero ma responsabile, mandanti, complici ed esecutori, un piccolo esempio di come sia meglio conoscere i fatti che ignorarli perché occultati.
Avete ampia possibilità di scegliere i peggiori, in libertà.