Vi assicuro che vorrei scrivere solo delle bellezze, delle virtù, della storia millenaria e affascinante della nostra Calabria. Ma come sapete da un vecchio ed ora trito detto, che “un cane che morde un uomo non fa notizia, ma è vero il contrario” navigando su Internet, recuperando brani di saggi su Calabria e Calabresi si fa fatica a trovare il bello e il buono che pure ci appartiene.
Ma lascio a voi, lettori, giudicare le citazioni e i piccoli estratti da un libro di Alessandro Tarsia pubblicato nel 2015 e per “aprirvi la strada” riporto il giudizio di una calabrese: “La ‘ndrangheta è un’associazione mafiosa che non conosce il pentimento nonostante la Calabria sia una regione conosciuta per il fervore religioso scaturito dal cattolicesimo imperante. La presunzione di possedere la verità assoluta è l’atteggiamento tipico in cui si riconosce, spesso inconsciamente, ogni calabrese. Quando si arriva al termine della lettura si prova un duplice senso: di sollievo perché finalmente tutto ciò che è sempre stato ovvio, ma tendenzialmente messo a tacere da altri o dalla propria coscienza, si trova lì nero su bianco e di fastidio in quanto le pagine terminano troppo presto. Sono una calabrese che ama leggere e che vorrebbe vivere in una società migliore, più sicura, più giusta. Sono convinta che in molti storceranno il naso, anche infastiditi da un’azione di questo genere perché in Calabria se vuoi vivere in armonia e in pace con tutti devi essere sempre accondiscendente e non lamentarti mai. Se qualcosa va male devi sperare in un miracolo o ne potente di turno”.
Ora le citazioni essenziali e relativo commento, anch’esso sottoposto al giudizio dei lettori.
Lasciamo da parte gli ‘ndranghetisti che l’autore considera come bravi di manzoniana memoria perché come loro sono ignoranti, truci, spietati e sanguinari, dediti alla rapina e mercenari del miglior offerente. Il brigante non lavora, rapina.
È ora l’amore (tossico) per l’ambiente e i resti archeologici di civiltà che si insediarono in Calabria: Secondo i calabresi, non esiste modo migliore per attirare i turisti: farli viaggiare sui resti archeologici, sulle spiagge, sulle scogliere. Per loro una spiaggia ornata di megapilastri stradali o ferroviari è più bella di una spiaggia selvaggia.
Come tutti i giudizi assertivi si può non condividere del tutto quello di Tarsia (che è un antropologo apprezzato interessato soprattutto al meridione), ma smentirlo proprio no.
Quando percorro la SS 18 mi piange il cuore nel vedere la devastazione fatta della costiera una volta “del cedro”. Case pretenziose con stilemi saraceni, a pochi metri dalla battigia e dalla retrostante ferrovia.
Se debbo suggerire a qualche amico che vuole trascorrere le vacanze al mare, taccio dell’inquinamento nascosto nell’azzurro luminoso dell’acqua, e comunque lo indirizzo più a sud, da Pizzo a Scilla.
Ogni male ha uno o più responsabili, in questo caso politici amministratori e speculatori. Ovviamente forniti tutti di scusanti e motivazioni quasi nobili: creare posti di lavoro, sviluppare il turismo a beneficio dell’economia locale. Sono le stesse ragioni per le quali siamo riusciti a devastare molti siti meravigliosi nel resto d’Italia, abbiamo puntato, tranne le poche eccezioni della costa vibonese e reggina, su un turismo di massa povero tutto sommato nei numeri e sicuramente nella qualità.
Ricordo bene che prima dello sfregio fatto alla costa cosentina tirrenica, ero bambino o poco più che adolescente, nelle lunghe vacanze ad Amantea o a Diamante si godeva il mare e le spiagge non violate ma anche la mancanza di acqua in casa, servizi per lo svago ridotti ad una rotonda su cui ballare o intorno chiacchiere solo tra noi cosentini – turisti non nativi quasi sconosciuti. Non credo che il presente che si è mangiato il futuro sia l’opzione migliore.
Andiamo oltre: Così come avvenuto nei cantieri dell’A3, o nei vuoti megacapannoni delle deserte aree industriali, le “mosche del capitale” centro–settentrionale si sono sempre nutrite della superfetazione criminale calabrese, escremento povero della penisola. Cambiano i decenni ma l’obiettivo è sempre uguale: l’assalto alla diligenza dello Stato (recentemente dell’Europa), carica di soldi pubblici, pagando una percentuale al brigante locale.
Non tutto è commistione con la ‘ndrangheta, che oggi è detentrice di capitali sporchi ma copiosi come pochi, ma molto lo è.
Nell’intervista di Isaia Sales, che fu pubblicata su ICalabresi, già il titolo indicava un’alleanza o una vicinanza nefasta: “La ‘ndrangheta? A lezione da potenti e massoni”.
È inutile andare oltre. La presenza di una massoneria deviata è avvertita e avvertibile. Lo spazio di libertà nell’informazione e nella partecipazione cittadini alla vita della propria comunità è limitato e condizionato. Nessuno mi convincerà mai che la chiusura de ICalabresi sia stata solo “demerito” di Walter Pellegrini e che non ci sia stata la “copertura” di fatto di quegli ambienti occulti in cui pascolano politici, imprenditori e profittatori.
Ed infine, le classi dirigenti politiche e non: La stessa casta politica è ormai composta prevalentemente da imbecilli, ignoranti e corrotti: figli, mogli, nipoti, autisti, amanti o portaborse dei portaborse dei portaborse dei portaborse dei potenti politici del passato. Che invece hanno tutti un’altissima considerazione di se stessi. Le amministrazioni pubbliche non assumono più, anzi licenziano in massa. Prima era lo Stato ad assumere a migliaia i membri delle famiglie ‘ndranghetiste, frazionandoli nei mille rivoli degli apparati locali. Ora è la ‘ndrangheta che, con le sue imprese familiari, detta compatta legge allo Stato per ogni appalto pubblico.
Il linguaggio sarà crudo e inusuale per un saggio di antropologia, ma c’è qualcuno che pensa che siano parole campate in aria?
La conclusione, provvisoria è che la Calabria se vuole salvarsi, ripeto “salvarsi” lo deve fare da sola. È difficile? È pericoloso? È scomodo?
Sicuramente, ma almeno cominciamo dagli esponenti della politica, non tutti ovviamente, che quegli aggettivi crudi li meritano tutti: La stessa casta politica è ormai composta prevalentemente da imbecilli, ignoranti e corrotti: figli, mogli, nipoti, autisti, amanti o portaborse dei portaborse dei portaborse dei portaborse dei potenti politici del passato.
Nei prossimi giorni ne parleremo e ne scriveremo