Ho scoperto da tempo che, se pure nato a Cosenza, non è scontato che la tua città, intesa nelle sue diverse componenti, ti accolga come suo cittadino. È stato ciò che potei apprendere negli anni in cui vivevo a Roma e i soggiorni a Cosenza, brevi ma numerosi, mi comunicavano una sensazione di estraneità più subita che da me voluta.
Lo scrissi in un libro “Solo andata” che affidai all’editore Walter Pellegrini che non fece molto, direi nulla, per promuoverlo anticipando l’esperienza non piacevole di un rapporto personale ostentato, ma privo di valore e di sincerità.
Bene, in quel volumetto che è rimasto semiclandestino a Cosenza e dintorni, scrivevo:
“Il ritorno (ndr alla città natale) non è mai sol un cambio di indirizzo. È piuttosto una riscoperta della realtà, di luoghi che a lungo sono stati invece percepiti e spesso travisati con la lente della memoria (……) E soprattutto perché l’essere cosentino tra i cosentini sembra non contare molto e mentre cerchi una specie di riconoscimento dagli altri che ti sentano alla fine come uno di loro, non avendo tu pretese da avanzare, avverti che, se vai oltre la superficialità delle relazioni inevitabili nella quotidianità, quel che prevale, inspiegabilmente, è il sapore della reciproca estraneità”.
Ora per onestà rileggendo quelle parole mi rendo conto che sono stato troppo severo e il fatto che da tre anni viva a Cosenza ne è la prova.
Sono stato indotto a correggere in parte quel giudizio anche dalla decisione di riavviare per quanto mi è consentito con i Nuovi Calabresi a scrivere e favorire una forma di confronto senza presunzione con i miei concittadini, che hanno il diritto di essere rispettati ciascuno con la propria individualità. Gli articoli più significativi che ho scritto, cinque o sei, hanno avuto 30.000 lettori, accertati, quelli che hanno avuto interazione con il post che li metteva in rete su FB.
Ciò detto, non intendo rinunciare senza pregiudizio a ciò che ho osservato dall’osservatorio di Villa Rendano, prima quando ne ero Direttore pendolare poi, quando trasferitomi a Cosenza, sono diventato Presidente. Una presenza sgradita prima solo al “fratello” forse nel rituale massonico, certo non personale, Walter Pellegrini che non ha saputo tenere a freno il suo livore e la sua frustrazione, poi fondando e dirigendo ICalabresi – credo il primo giornale chiuso in Italia (ora ceduto ad alcuni redattori con una linea editoriale diversa) per eccesso di successo e di autorevolezza, libero, ben scritto, con giornalisti qualificati che avevano la certezza di ricevere a inizio mese uno stipendio o un compenso adeguato.
Cosa ho compreso dall’osservatorio privilegiato di Villa Rendano, sede prestigiosa della Fondazione e del giornale?
Ho scoperto che i calabresi non hanno familiarità con le multiformi facce della libertà, il che non li rende indifferenti quando hanno la possibilità di sperimentarle nelle città dove vivono per esigenze di lavoro e di qualificazione, ovviamente lontane dalla Calabria. Dalla quale con i bagagli si portano appresso anche il rammarico che spesso diventa rancore per “l’ingiusto” prezzo che sono chiamati a pagare perché, pur con tutte le criticità obiettive, se il “mercato del lavoro” calabrese non fosse gestito con carte truccate dal familismo del nuovo notabilitato, esso consentirebbe a qualche centinaio di giovani di evitare un riattualizzato “viaggio della speranza”.
La Calabria e Cosenza, che a me interessa in modo particolare sembra che non si accorgano che i figli, fidanzati, familiari di…, se non i famigli di potenti o presunti tali della politica, in gran parte non sono obbligati ad “emigrare” che è cosa ben diversa della mobilità consapevole legata all’omologazione e al superamento del criterio territoriale.
Con I Calabresi queste cose le abbiamo scritte, abbiamo richiesto inutilmente non so quanti “accessi agli atti” delle istituzioni ed enti pubblici, sperimentato la pigrizia (diciamo così di alcune Procure e del TAR). Tutto inutile. Ciò che la legge prevede da noi è filtrato dalla volontà soggettiva del funzionario o del boss di turno. Se avessimo sollevato solo polveroni senza prove inconfutabili saremmo stati sommersi dalle querele: noi abbiamo avuto notizia di una sola presentata a Catanzaro, che dopo 15 mesi immaginiamo sia stata archiviata, da un docente universitario che si è offeso per aver pubblicato la sua rapidissima carriera da ricercatore a Ordinario senza muoversi da Catanzaro città a Catanzaro Lido, che risulta pubblicata pari pari da Wikipedia. Mi piacerebbe sapere se ha querelato anche Wikipedia e il sito della Magna Grecia che di questo exploit dà doverosamente contezza.
Abbiamo da rimproverare qualcuno per la nostra impotenza e per la nostra momentanea sconfitta? Molti: alcuni politici e amministratori,
che hanno compiuto o favorito o solo accompagnato con il loro silenzio omertoso un attacco alla libertà basica dell’informazione. La stampa in blocco tranne un’episodica attenzione di una importante emittente televisiva regionale. I cosiddetti stakeholders, più volgarmente i padroni del vapore, i sindacati (ormai quasi tutti vestiti di “giallo”), le Associazioni. Ma per onestà occorre dire che non puoi avere in un anno 2 milioni e mezzo di lettori che informati di un attacco in corso che poi porterà alla sospensione della pubblicazione – lo stesso giorno il 19 luglio che aveva segnato l’anno prima la sua nascita – e chiedendo un contributo economico anche piccolo, come fanno tanti giornali anche nazionali (sarebbero bastati 30.000 euro) per togliere ogni alibi ai killer ricevi poco più di € 1000,00. Non puoi non concludere che i numeri sono serviti a esecutori e mandanti a fare il loro sporco lavoro, ma non bastano per non essere solo una voce nel “deserto”.
Con gli articoli che seguiranno cercherò di spiegare come dal mio punto di vista – opinabilissimo – Cosenza in particolare se non desertificata, da alcuni troppi anni, marcia in quella direzione.
Questo è solo l’inizio di un racconto che se vorrete potrete valutare liberamente e correggere con le vostre opinioni.