L’Italia, almeno quella parte del paese che segue con una certa continuità la politica, continua a sorprendersi del fatto che il governo di Giorgia Meloni, sottoposto quasi ossessivamente – il caso più eclatante è la Gruber con la sua trasmissione 8 e mezzo – all’esame “finestra” per controllarne efficienza, coerenza e affidabilità, nonostante errori, cadute di stile, difficoltà, continua a godere della fiducia dei cittadini salvo modeste variazioni.
Sull’altro fronte invece il PD arranca, l’effetto Schlein non ha prodotto grandi risultati, non ha cambiato la pelle, cioè i vecchi notabili che avrebbero dovuto godere di un riposo ristoratore sulle panchine dei giardini o nelle baite di montagna o più semplicemente fare le cose che in tanti ameremmo fare, leggere di più, andare a teatro o a visitar musei o riscoprire il piacere della compagnia di familiari e amici.
La spiegazione di questa contraddizione non è scontata. Da sola l’arrogante difesa della Santanchè che in ogni paese sarebbe stata indotta a dimettersi è un po’ la “cifra identitaria” di questo governo e pur essendo stata resa pubblica con grande enfasi non ha provocato neppure qualche 0,1 di calo nei sondaggi.
È vero ma troppo facile spiegare il fenomeno con l’offerta politica ambigua e impalpabile del PD. Credo ci siano altre spiegazioni.
La destra proprio perché “ha fatto un lungo viaggio nel deserto” prima di arrivare a governare città, poi regioni, poi il Paese intero è ancora oggi giudicata dalla sua identità nazionale e molto meno da quella localistica. Insomma Roma sempre, la “periferia”, dove pure esercita il potere e comincia ad avere qualche dirigente noto, poco o molto poco.
Il contrario accade con il PD che ha una classe dirigente, buona o cattiva non importa, che concorre a creare l’immagine e il giudizio del partito, governando o contando molto in periferia, in molti casi più di quanto con accada con la classe dirigente centrale.
Bonaccini è noto e anche apprezzato perché da qualche anno è anche alla ribalta nazionale o piuttosto perché ha guidato con buoni risultati la sua Emilia facendo crescere un buon numero di dirigenti che sono più conosciuti di alcuni membri del vertice romano?
A prescindere dal giudizio sulle persone in Puglia pesa e “rappresenta” il PD Emiliano o De Caro o qualche esponente pugliese che sta sempre in TV?
Credo che quel che volevo dire, condivisibile o meno, sia chiaro.
Veniamo alla Calabria e a Cosenza, quanto meno per dovere di collocazione geografica.
Qualunque cosa se ne pensi, i calabresi hanno la testa tutta rivolta a Roma e per decidere se votare o meno PD si guarda intorno e dice SI o NO se ha un giudizio anche solo di convenienza positivo con la Bruno Bossio o Irti?
Il caso a mio parere significativo è proprio quello di Cosenza.
L’on. Bruno Bossio che teoricamente ha sostenuto alle primarie la più improbabile delle candidate evidentemente per “contare i suoi fedelissimi” con un buon risultato oggi conta meno nel PD locale e di rimando in quello nazionale rispetto all’avv. Maria Locanto che dovrebbe rappresentare il “nuovo” PD della Schlein e che pare essere emigrata in Lapponia non lasciando tracce della sua presenza in Calabria?
Ora non pretendo di essere un grande commentatore politico ma, come si dice beati monoculi in terra coecorum, certo migliore dei tanti gregari che si esecitano.