È venuto il momento, credo, di porsi questa domanda: c’è “un caso” Cosenza? Per essere più chiari, i problemi, ma soprattutto la qualità dei politici che esprime, gli spazi di libertà reale di cui cittadini possono fruire, i diritti costituzionali che in genere non vengono negati nel resto del Paese sono disponibili e tutelati anche in Calabria e a Cosenza? La presenza di una massoneria, spesso di mera copertura di alleanze impresentabili con la ’ndrangheta – che a lungo pensavamo non ci riguardasse essendo le cosche sanguinarie un “problema” del vibonese e del reggino – è così invasiva a Cosenza da farle meritare la definizione di “città ’ndranghetista”?
Non sono domande retoriche ma drammaticamente fondate. Ne ho scritto con qualche reticenza – non per timore ma per vergogna – su ICalabresi quando mi era consentito e su I Nuovi Calabresi. Ma da qualche tempo ne ho dovuto scrivere su denunce penali, su citazioni civili, su esposti alle Istituzioni nazionali e locali che si sono ben guardate dal dare almeno un cenno di risposta. Anche per questa via, ma soprattutto attraverso i commenti di moltissimi lettori – di cui non rivelo l’identità (e già questo è un brutto segnale) – e attraverso colloqui che specie in questi giorni ho avuto a Roma, in aggiunta all’interrogatorio come persona informata dei fatti presso la Procura, mi sono persuaso che la domanda iniziale non è solo legittima ma anche necessaria.
Non ne sono affatto lieto, perché la “diversità” di Cosenza, che era un modo più rispettoso di intendere la “superiorità” che senza dirlo pensavamo acquisita, oggi non è più spendibile perché nessuno ci crede anche senza dirlo, perché i fatti e la conoscenza della realtà non lo consentono.
Voglio essere chiaro: non mi baso solo sulle mie impressioni o valutazioni, ma molto su quello che è conclamato nella vita sociale e individuale dei cittadini.
Ecco un mini decalogo: se hai bisogno di un avvocato autorevole e bravo accertati che non sia condizionato da appartenenze che lo rendono meno libero di difenderti o rappresentarti. Non parlo della Massoneria storica, ma delle sue deviazioni occulte.
Se pensi che un politico “per bene” ti dia ascolto non per una raccomandazione ma per una denuncia di azioni di palese illegittimità e incompatibilità con la nostra democrazia è bene non farti illusioni.
La lettera inviata a tutti i parlamentari eletti (meglio nominati) in Calabria per informarli che ICalabresi, troppo letto, troppo autorevole, troppo libero era stato “chiuso” come ai tempi del Fascismo, quello realizzato non sbandierato per una polemica senza più senso, in ogni caso il “il primo” giornale chiuso per ragioni “politiche” e per il tradimento di quattro cialtroni della Fondazione che del giornale era l’editore di fatto, nessuno ha mosso ciglio, nessuno – a parte Morra e altri senatori fuorusciti dal M5S e non ricandidabili – ha scritto uno straccio di interrogazione parlamentare. Nessuna delle 73 testate – salvo un paio di eccezioni – ha scritto nulla. Il sistema di potere occulto e non in tutta la regione ha seguito l’ordine di tacere, di ignorare il fatto, di fregarsene. Inutile sottolineare che quando dico “tutto” intendo nessuno escluso, nella politica, nelle Università, nel mondo imprenditoriale, nella stampa e nelle istituzioni locali e nazionali – tranne due che sono “all’opera” in seguito a miei esposti –.
Ma, come scrivo nel libro in fase di scrittura conclusiva con l’amico Giuliano Corti, ciò che abbiamo registrato è la totale inerzia, voluta e programmata, delle istituzioni nazionali. Naturalmente questa estraneità del centro rispetto alla periferia del Paese va ben al di là della vicenda di Villa Rendano. L’impressione che in tanti abbiamo colto è che le istituzioni nazionali anziché provare a risolvere il problema della negata libertà reale dei calabresi e cosentini abbia deciso di “non vederla”, almeno non vederla fino in fondo.
Per essere più chiari, a noi non sembra che Cosenza sia una sede facile dove inviare i Funzionari inesperti con compiti di decisiva importanza. Non pare che gli ultimi tre Prefetti, trovata con una busta di soldi illeciti e l’attuale, ottima persona, un Prefetto di prima nomina che di solito si manda a sedi meno impegnative come Isernia o Sondrio o Pordenone siano in linea con la tradizione del Ministero dell’Interno.
La sola con esperienza e forte personalità è stata la penultima a venire a Cosenza. Ha avuto un rapporto non fortunato con il Sindaco Occhiuto che accusava di non presenziare neppure alla cerimonia per la Festa della Repubblica. Altre cose che ho appreso le tengo per me. Comunque questo prefetto ha chiesto e ottenuto il rientro a Roma.
Esemplare in negativo il caso del Questore donna di prima nomina che invece di occuparsi di garantire la legalità da noti capiclan mafiosi ha chiesto e ottenuto una condanna per 40 docenti e persone interessate a denunciare il degrado del centro storico passeggiando (disarmati!!) nei suoi vicoli. In questo caso la Procura che a detta di molti è molto prudente e lenta è stata veloce come un missile supersonico.
L’elenco potrebbe continuare ma mi affretto a concludere con un’altra domanda: cosa occorre perché almeno singoli atti criminosi o di palese illegittimità – qui parlo dell’occupazione abusiva della Fondazione Giuliani e di Villa Rendano – siano perseguiti?
Occorrono tre leve: la politica nazionale – quella locale è così squalificata che è il problema non la sua risoluzione – la via mediatica non solo locale – il libro di imminente uscita può essere d’aiuto – e infine la strada giudiziaria in sede penale. Ovviamente ad almeno 600 km di distanza dal territorio calabrese.
Messe in campo le tre leve – operazione non facile ma indispensabile – Cosenza potrà nel tempo liberarsi dall’abbinamento alla parola massomafia.