La storia del nostro calabrese, che nella fantasia bulimica di un avvocato sarebbe affetto da una odiosa “bramosia di denaro”, continua. Fino ad ora, siamo arrivati al tempo il cui il nostro protagonista s’è sposato con una ragazza bella e dolce, per un bizzarro e mai compreso destino, tra la sorpresa e il neanche troppo nascosto disappunto di tanti. Non è in discussione, immaginiamo, che il nostro protagonista sia stato fortunato nell’incontrare una giovane dolce e innamorata. Ma perché, da voce narrante mi chiedo, perché il giovane, ormai a metà dei 30 anni, oggi per le cose cattive, dolorose, e forse immeritate, non è considerato sfortunato?
Pare ci sia un destino che deve darla sempre liscia ad alcuni e sempre storta a qualcun’altro. Debbo parlarne con il mio carissimo e prezioso per tutti Don Luca, Parroco del nostro Duomo, un pastore che con la sua saggezza e la sua umanità ti sottrae alla tentazione blasfema di chiederne conto a nostro Signore.
Torniamo al giovane neo sposo che è finalmente consapevole che la condizione economica della coppia è piuttosto precaria, affidata per un filo alla consulenza con la Società telefonica.
Continua nel solo modo che conosce: fare due o tre lavori in contemporanea, ma deve rinunciare, almeno per un po’ di tempo, ad insegnare.
Non è stata una scelta semplice ma l’ha resa inevitabile il solito burocrate ottuso, in questo caso Preside di un Liceo semiperiferico.
Il nostro aveva sempre insegnato nel triennio superiore e forse ancora una volta “per fortuna” s’era fatto apprezzare nel Liceo ai Parioli che aveva dovuto lasciare perché i più anziani avevano la precedenza sui giovani in caso di contrazione di classi. Non per vantarsi, ma il giovane, colpevole di esserlo, s’era fatto la fama di un brillante professore e mentre tre sezioni su quattro non riuscivano ad avere almeno 13 iscritti, come limite minimo, la sua aveva una “lista d’attesa” di circa 55 aspiranti studenti della sezione C.
Anche in questo caso sfacciata fortuna.
Dunque il burocrate ottuso, indifferente alla richiesta del nuovo professore e a quella di una collega, – entrambi volevano restare uno al triennio e l’altra al biennio inferiore – disse un NO testardo.
Il giovane prof che arrendevole e buonista (che è cosa diversa da “buono”) non è mai stato, chiede ed ottiene di essere assegnato ad un centro studi collegato all’Università dove teneva brevi corsi ed esercitazioni. Si avvicinava la fine non voluta della sua carriera da insegnante. La parola “the end” di fatto è scritta, salvo una breve coda, a Paola, dove il nostro prof arriva come commissario d’esame alla maturità. L’esito per gli studenti è disastroso? 19 respinti credo su 23 candidati. Troppo severi i professori tra i quali il giovane protagonista di questa storia? Forse sì, ma certo molto bizzarri quei voti tutti tra il 7 e l’8 dati pro bono pacis da insegnati assenteisti seriali “tanto la commissione la facciamo fare buona”. Previsione sbagliata una volta tanto e spinta finale al prof innamorato del suo lavoro per decidersi a dimettersi.
Voltiamo pagina, tanto i particolari non servono a misurare la “bramosia” intuita solo dall’avvocato modenese (o calabrese trapiantato al nord).
Saltiamo direttamente all’entrata come dirigente del nostro “eroe”, con concorso pubblico (a proposito, a beneficio – parlo come voce narrante ora – di una delle mie figlie che per non farmi infierire sul suocero, una brava persona, che in paese della Ciociaria non è andato oltre il lavoro di barista, quello che fa il caffè al banco, perché “non ha voluto rischiare!”, ricordo che il sottoscritto, qui solo narratore della storia, ha superato 4 concorsi pubblici (di cui uno per dirigente delle FS) e una fortuna moltiplicata per quattro è statisticamente assai improbabile).
Fine dell’incursione del narratore e occhi puntati sul calabrese Ferroviere accolto con un articolo in prima pagina sull’Unità, tutto ironico e incazzoso, un concorso pubblico da dirigente gli sembrava un evento marziano.
Il presente preme e quindi facciamo girare le lancette dell’orologio fino al 1986 quando le FS sono “riformate”, una cosa a cavallo tra una riserva indiana politica – escluso solo il MSI – e una specie di ente pubblico non si sapeva se economico o basta.
Capitano della baracca il povero Vico Ligato e CdA tutto lottizzato con personaggi famelici senza distinzione di maglietta.
Il destino del nostro eroe – che in barba alla sua bramosia percepiva uno stipendio di non molto superiore a quello di insegnante – si imbatté con la prepotenza dei nuovi padroni. Per annunciare urbi et orbi “le nuove ferrovie” al giovane dirigente al quale toccava il compito di gestire i resti della comunicazione lasciati dal famelico capo ufficio stampa (compagno di scuola) del Ministro dei Trasporti Signorile (socialista e “amico” si fa per dire). Il nostro aveva proposto un testo informativo con un titolo sobrio. Ma i manager politici imposero un titolo che si rivelò suicida. I meno giovani ricorderanno “Signori si cambia”. Al poveraccio che aveva solo dovuto eseguire per anni furono indirizzati epiteti impietosi. La verità vale solo se hai la forza di imporla. E come l’esperienza ci insegna, chi vuole dire il vero è difficile che abbia la forza sufficiente. I ladri di verità – ne sappiamo qualcosa in Calabria e a Cosenza – non fanno sconti. Un killer i mandanti lo trovano sempre (leggasi la cronaca degli ultimi mesi).
Il seguito alla prossima puntata. Sarà dedicata al passato non remoto per poi aprire la strada sul presente dove si dovrebbe vedere in campo la “bramosia del denaro” fino ad ora rimasta latitante.