Nella decadenza dell’Italia, che non inizia oggi ma ha già una storia di quasi cinquanta anni, non ci sono innocenti.
Forse ci consolerebbe attribuirne la colpa a questa o quell’altra area politica. Non si può. Sinistra o destra o centro sono stati protagonisti anche solo per viltà e conformismo della parabola discendente del nostro Paese.
Se volete un luogo o una data di inizio cercate alla voce “scuola” e “1968”. Se vi paiono riferimenti generici e lontani pensate che il movimento del 68, che in tutta Europa è durato un anno o poco più da noi si è protratto sino a congiungersi, almeno sul piano temporale, sino agli anni 70 bagnati dal sangue delle vittime del terrorismo.
Fa un po’ sorridere che su Cosenza channel alla voce “come eravamo” si pubblicano le foto del raduno di decine di migliaia di irriducibili convenuti a Cosenza, allora meno sonnacchiosa di oggi, avendo l’Unical classificata tre le istituzioni “sovversive”, come il momento eroico vissuto dalla città con la Sindaco Eva Catizone che parlava di “città dell’accoglienza” e Ciroma, la radio dell’irriverenza, con Paride Leporaci che rompeva il muro del conformismo e dell’omertà.
L’eroe dietro le quinte, ma mica tanto, il prof. ex latitante Piperno, tirato in ballo come interlocutore dei settori politici più disponibili a trattative o mediazioni dal rapimento di Moro in poi.
Io al tempo insegnavo in un liceo dei Parioli, un quartiere di destra e una presenza non indifferente interna alla scuola di Potere operaio e Lotta Continua. Sembrerò qualunquista ma per questi ultimi l’antifascismo militante finiva con il suono della campanella. Poi ciascuno tornava nelle proprie case lussuose e si riappropriava del suo status sociale privilegiato.
Il modesto prof. 27enne, per sua sfortuna Vice Preside con funzioni di Preside per la malattia tattica del Preside vero, passava il suo tempo tra le lezioni in classe, peraltro apprezzate, e la “barriera fisica” velleitaria tra studenti di opposte fazioni che si lanciavano reciprocamente all’assalto.
Non sono stato un eroe, tanti altri lo hanno fatto, la polizia decise autonomamente di accompagnarmi dall’auto parcheggiata nei pressi al Liceo Mameli per una “scorta” che a me sembrava ridicola.
Poi il PCI. A quel tempo era fermo ancora alla formula “Compagni che sbagliano” pensando di recuperare le frange estremiste alla sua sinistra. Poi il ritorno alla normalità. Esami di Stato: una candidata assente dalle lezioni, cito a memoria, 180 giorni su 210, nipote di un esponente di peso comunista – così mi fu detto dalla Segretaria peraltro iscritta al partito – ammessa per pressioni ministeriali all’esame contro il parere dei docenti. Promossa con il minimo con la seguente motivazione: “Non svolge il compito di italiano e quello di latino, incerta e con lacune nelle prove orali, ma presenta una tesina di Storia dell’arte che mostra interessanti potenzialità”.
Quando i politologi parlano e scrivono a vanvera delle cause della decadenza di questo Paese farebbero bene a ricordare il cialtronismo che accompagnò il mitico sessantotto, da cui poi uscirono rivoluzionari da operetta, iscritti e lottizzati persino dal partito socialdemocratico di Tanassi, “L’ uomo dalla fronte inutilmente spaziosa” nella fulminante definizione di Fortebraccio su L’Unità.
Nei prossimi giorni torneremo al presente, figlio degenere del passato.
Gli “eroi” presunti di quegli anni sono in buona parte ben sistemati tra gli “amici” del sistema, a cominciare dalla sindaca barricadiera Catizone, ora vicina vicina al “mitico” Mario Occhiuto, troppo giovane per aver prove imbarazzanti di incoerenza. Così nascono le pseudo sinistre anche (o soprattutto) in Calabria che da tempo hanno fatto la pace, meglio comunella, con le destre, alla fine siamo tutti italiani o se preferite tutti calabresi.
Non è una rarità nella storia, che si passi dal dramma alla farsa, dalla conclamata difesa dei più deboli alla condivisione dei frutti del potere, dalla speranza di un Paese migliore al timore per un futuro anche prossimo pieno di incognite planetarie.
Questo articolo – se ne sarò capace e se altri che quegli anni hanno vissuto ci aiuteranno – non finisce qui. La sonnacchiosa (almeno in apparenza) ed eterna Calabria, Cosenza in testa, deve, deve ripeto, pensare a salvarsi da sola innanzi tutto.
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Sintesi raffinata e veritiera senza sconti a chi in pubblico condannava ma in camera caritatis incitava. Mi piace il suo giornale. Complimenti.
Flavio Vercillo