Manca poco al primo anniversario del naufragio di Cutro nel quale, nella notte fra il 25 e 26 febbraio, morirono 94 persone, una trentina dei quali fra bambini e adolescenti ed ancora non è del tutto chiaro se nelle azioni di salvataggio ci furono dei ritardi, delle omissioni o un corto circuito di chi avrebbe voluto scendere velocemente nelle acque per soccorre i naufraghi.
Ciò che è chiaro è che il caicco, anche a causa del vento di scirocco, si è schiantato ad una secca ad una cinquantina di metri della spiaggia e, nonostante il mare era mosso a forza 4, le operazioni di salvataggio furono veramente tardive. Ciò, almeno, è quanto affermano con sicurezza Francesco Verri, fra i legali delle famiglie delle vittime nel processo in svolgimento nel Tribunale di Crotone ed Orlando Amedeo, per lunghi anni medico della Polizia di Stato, che nel corso della propria vita lavorativa è intervento centinaia di volte in situazioni analoghe salvando numerose vittime.
Allo stato attuale, gli unici ad essere stati rinviati a giudizio dal Procuratore della Repubblica Giuseppe Capoccia sono i quattro scafisti; mentre non sono ancora terminate le indagini parallele, affidate al Sostituto Procuratore Pasquale Festa su alcune Guardie costiere e alcuni Finanzieri. “Anche queste indagini – aveva assicurato Capoccia – finiranno entro la fine dell’anno” ma così non è stato. Negli ultimi giorni, il Gup del Tribunale di Crotone Elisa Marchetto ha condannato a 20 anni e 3 milioni di multa Gun Ufuk, il cittadino turco di 29 anni accusato di essere uno dei quattro scafisti, l’unico a chiedere il giudizio con rito abbreviato. Ufuk è stato riconosciuto colpevole di tutti i reati che contestati: favoreggiamento della immigrazione clandestina, naufragio colposo, morte come conseguenza di altro delitto. Questa situazione fa davvero male, tenendo conto delle millenarie leggi del mare, la civiltà e quell’accoglienza del popolo calabrese che è una dell’eredità più belle del nostro essere eredi di quell’accoglienza collegata, nell’antropologia calabrese, alla lunga presenza sulle Coste joniche non solo calabresi, di numerosi Coloni magno greci. Ciò, mentre pure a causa della propaganda delle destre al Governo, la xénofobia sta diventando un sentimento presente anche in quella “Patria di Migranti” che è, da secoli, la Calabria. Eppure, la storia del naufragio di Cutro ha certamente una positività. Dopo decenni di silenzio in cui la popolazione del Crotonese ha subìto tutta una serie di violenze e ritardi dallo Stato, in occasione della tragedia di Cutro si è svegliata. Non solo con i numerosi volontari che a poche ore dal naufragio sono arrivati sulla battigia a dare sostegno ai naufraghi vivi, ma anche con l’azione di numerose associazioni. Venendo agli ultimi giorni, al centro della vicenda c’è il rimpallo di competenze tra il Governo italiano e Frontex. Fra i nuovi ed importanti elementi quello secondo cui, al momento dell’avvistamento del barcone, nella centrale di sorveglianza dell’agenzia a Varsavia c’erano anche due ufficiali italiani e “nessuno dei due ha comunicato che il caso fosse di particolare interesse”. Il secondo: quando Frontex ha deciso di non classificare l’avvistamento come situazione di pericolo, “non c’è stata alcuna obiezione né c’è stata la richiesta di fare ulteriori accertamenti”. Il terzo: subito dopo il naufragio, quando è stata decretata l’operazione di ricerca e soccorso, Frontex ha offerto la disponibilità di un aereo per perlustrare la zona, ma “non è stata ricevuta alcuna risposta scritta”. Il quarto: a posteriori, Frontex ha chiesto all’Italia informazioni sull’attività di monitoraggio intrapresa dopo la segnalazione, ma anche in questo caso non sono arrivate risposte.
Come è stato chiaro da subito, nel rapporto sull’accaduto inviato a Roma alle 23.03 del 25 febbraio sono state dettagliate tutte le informazioni: velocità di navigazione a 6 nodi e mare forza 4, rilevamento di una telefonata satellitare partita dall’imbarcazione verso la Turchia, presenza di una persona sul ponte della nave, “possibile presenza di altre persone” sotto il ponte in base alla “significativa risposta termica”. Quest’ultima osservazione sarebbe stata fornita tempestivamente, pure se l’aereo di Frontex non aveva i mezzi per stabilire in maniera indipendente la possibile presenza di altre persone a bordo.
La Calabria che si appresta a commemorare il primo anniversario dell’accaduto, riuscirà prima o poi ad ottenere dalle autorità competenti una verità giudiziaria verosimile sugli accadimenti di quella tragica notte?