“Chi urla il proprio “No” alla ‘ndrangheta VOTA ENZO ROMEO” scriveva sui social la vicepresidente della commissione regionale anti ‘ndrangheta Amalia Cecilia Bruni, detta “foulard”. Certo, quella commissione più che siparietti e passerelle non ha fatto (a differenza della commissione antimafia siciliana, storicamente molto attiva e incisiva), ma un segnale del genere in una campagna elettorale in cui il “tema mafie” è stato messo nel cassetto o, comunque, “omissato”, è stata comunque una nota positiva, seppur proveniente da una anonima consigliera regionale del Pd.
Eppure Vibo Valentia è la città nella quale migliaia di persone scesero in piazza con Libera a seguito della maxi operazione della Dda di Catanzaro “Rinascita-Scott” nel dicembre del 2019, con pit-stop sotto il comando provinciale dei Carabinieri per urlare il proprio ringraziamento. Tutto dimenticato? Si spera di no, soprattutto per la politica, quella che in ogni campagna elettorale decanta cambiamento e rinnovamento. Molti esponenti di sinistra che all’epoca sfilarono in piazza con Libera oggi governano il Comune. In che modo intenderanno la differenza sul punto?
Quella parente di Enzo Barba assunta da Romeo
È da premettere che basta poco in quel di Vibo, se si è soggetti pubblici, per essere tirati in ballo da questo o quel pentito di ‘ndrangheta, a volte anche a casaccio.
Persino il mite sindaco Enzo Romeo, persona considerata specchiata, compare in un verbale di esame dell’ex boss Andrea Mantella, oggi collaboratore di giustizia, precisamente quello reso all’udienza del processo Rinascita del 17 giugno 2021. In tale occasione viene fatto riferimento all’intimidazione ricevuta da Romeo (spari all’auto davanti allo studio dentistico e in presenza dello stesso) con mandanti, a dire di Mantella, il pregiudicato divenuto boss Enzo Barba e i Lo Bianco.
In quell’udienza è emerso come la moglie di Giovanni Barba (entrambi non indagati), fratello di Enzo Barba, lavorasse nello studio dentistico di Enzo Romeo dal 1° settembre 1986.
Sempre nel processo “Rinascita-Scott” all’udienza del 14 ottobre 2021 il collaboratore di giustizia Gaetano Cannatà aggiunse che «Quando è scattata l’operazione Insomnia (nel 2014, ndr), non solo gli arrestati, ma anche altre persone erano preoccupate per le dichiarazioni accusatorie di Sergio Baroni. In particolare lo erano i fratelli Enzo Barba, Giuseppe Barba e Giovanni Barba perché una parte del denaro che Salvatore Furlano aveva prestato ad usura a Baroni proveniva dai Barba, cosa di cui erano a conoscenza anche i D’Andrea». Sui prestiti ad usura disse che «in città era risaputo».
Il divenuto boss Enzo Barba è stato condannato in via definitiva nel processo “Nuova Alba” per associazione mafiosa e a 28 anni in primo grado in “Rinascita-Scott” ed il suo soprannome è “u musichiere”. C’è da chiedersi, la musica oggi a Vibo è cambiata?
In consiglio subentri “chiacchierati”
A seguito delle dimissioni dei consiglieri comunali eletti e nominati nella Giunta Romeo, sono subentrati due consiglieri sui quali occorre far riflettere.
Il primo, Nicola Staropoli, subentrato con 102 voti personali, membro del gruppo del Pd in consiglio comunale. “Il futuro di Vibo passa dal nostro presente” scriveva Staropoli (taggando Romeo) su Facebook in campagna elettorale. Il presente, però, è la condanna in appello (sentenza 1125/2024 della Corte d’Appello di Catanzaro del 28 marzo, depositata il 24 giugno) del padre, Michele Staropoli, nell’ambito del processo “Rimpiazzo” a 7 anni e 2 mesi di reclusione (in primo grado era stato condannato a 9 anni e 6 mesi). È stato condannato per detenzione abusiva di armi (accertata nel 2019) per rapina, estorsione aggravata dall’aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis cp al fine di agevolare la cosca dei Tripodi e dei Mancuso (accertata dal 2012 al 2016). A difenderlo è stato il noto penalista e attuale consigliere comunale Franco Muzzopappa.
Michele Staropoli in campagna elettorale, da quel che risulta da Facebook, social nel quale è molto attivo, ha sostenuto apertamente il figlio. “Dai che ce la facciamo” scriveva Michele Staropoli sotto un post dell’odierno consigliere a favore di Enzo Romeo per il ballottaggio, mentre in altri, tra emoticon di pollicioni alzati, sembrava un vero e proprio “groupie” a favore del figlio.
A sostenerlo non solo lui. “Io voglio solo dire un forte grazie a tutti…Specialmente a chi ha creduto in me sin dall’inizio” scriveva Nicola Staropoli il 24 giugno, giorno del ballottaggio che ha decretato la vittoria di Romeo, “taggando” su Facebook il consigliere regionale del Pd Ernesto Alecci e l’imprenditore Enzo Mirabello (la cui figlia è “portaborse” di Alecci dal 2021), suoi supporter politici. Nello stesso giorno vennero depositate le motivazioni della sentenza di condanna in appello del padre. Insomma, il “nuovo corso” di Nicola Irto, ricorda molto il vecchio, anche in quel di Vibo.
Tutti gli scheletri di Pippo
A subentrare in consiglio comunale, già candidato nella lista di diretta espressione di Enzo Romeo, con 117 voti è anche Filippo Paolì, detto “Pippo”, con in dote una condanna definitiva a 1 anno e 2 mesi di reclusione (pena sospesa) per concorso in denuncia di sinistro non accaduto (sentenza del Tribunale di Milano del 2 febbraio 2023), di professione “store manager” (ci tiene particolarmente all’inglesismo) presso la Salmoiraghi&Viganò e parente dell’omonimo narcos condannato definitivo a 11 anni e 4 mesi nell’ambito del processo “Meta 2010” (difeso dall’avvocato e oggi consigliere Franco Muzzopappa).
Nel suo curriculum, il neo-consigliere, scrive di avere una predisposizione agli spostamenti. Anche i parenti acquisiti della moglie hanno tale predisposizione, essendosi sì spostati, ma verso le fredde galere. Difatti, Filippo detto “Pippo” è coniugato con Alessandra Grillo, la cui sorella, Loredana Grillo, è stata una forte supporter elettorale del cognato. Il nome di Loredana compare nella sentenza di primo grado di “Rinascita-Scott” nella quale sono stati condannati suo figlio Domenico e suo marito Giuseppe Camillò rispettivamente a 26 e 23 anni di reclusione, quali appartenenti alla ‘ndrina dei Ranisi.
Si legge a pag. 1859 della sentenza, in riferimento ai dialoghi tra Giuseppe Camillò ed il figlio: “Non si contano le conversazioni in cui proprio i due (al cospetto della moglie, Grillo Loredana) commentano diffusamente l’incandescente situazione vibonese, in particolare soffermandosi sulle gesta di Mommo da confrontare con la vecchia guardia degli ‘ndranghetisti (…) I dialoghi sono imbevuti di mafiosità; nel confronto generazionale tra padre e figlio Camillò si coglie in modo potente tutta la pervasività delle logiche ‘ ndranghetistiche: la continua aspirazione alla presa di potere, le critiche mosse – dall’ interno – rispetto a quella o quell’altra azione di fuoco poste in essere dai sodali, l’ambizione di fare meglio o di più (lo si ripete, di padre in figlio) per poter definitivamente siglare il controllo sul territorio”. “nessun dubbio sussiste circa lo stabile inserimento dell’imputato nella consorteria dì riferimento (prima con i Lo Bianco e poi nel “Corpo Rivale” costituito nel 2016)” scrivono, inoltre, i giudici del Tribunale di Vibo Valentia in riferimento al marito della Grillo, mentre il figlio era considerato un esponente di spicco tra le “nuove leve”.
Anche la Grillo era parte attiva nei dialoghi intercettati con i suoi familiari, tant’è che negli atti di indagine la Dda di Catanzaro scrive che “Grillo Loredana sembrava interessata agli equilibri criminali” e ciò emergeva in varie conversazioni captate. Da sottolineare che Il nonno-omonimo del figlio di Loredana è stato condannato in appello nel troncone abbreviato di Rinascita a 15 anni e 4 mesi, sempre per associazione mafiosa. Un bell’ambientino.
Al contempo, Loredana Grillo, con immagine del profilo Facebook raffigurante una sua foto unitamente al figlio-condannato, è stata forte supporter elettorale del cognato Filippo Paolì detto “Pippo” e di Enzo Romeo. Alla vigilia del ballottaggio la medesima scriveva su Facebook “Se ami Vibo, Vota Enzo Romeo!”. Sempre la Grillo in un post rimpiangeva la notte del maxi-blitz Rinascita-Scott quando il figlio venne arrestato per ‘ndrangheta: “Era il 18 Dicembre 2019…ti dedicavo queste parole senza un motivo, senza un perché…ma solo all’apparenza,perché il destino poche ore dopo ti portava lontano da me (…) E non importa quanto oggi ti sono lontana,Tu mi sei sempre ad un millimetro di cuore”. Sia la medesima che la sorella Alessandra (moglie di Paolì) han anche pubblicato sui social (Fb e TikTok) stralci di videochiamate con il Domenico Camillò, il figlio di Loredana, in tali momenti detenuto. “Nel bene e nel male ma sempre insieme” scriveva nel 2022 la moglie dell’odierno consigliere alla sorella sui social. Alessandra Grillo, inoltre, ha come immagine del profilo Facebook la foto con il nipote-condannato, che ha “taggato” a più riprese con tanto di cuoricini.
C’è da chiedersi, la ‘ndrina Ranisi-Pardea si è schierata elettoralmente alle ultime comunali? Chi ha sostenuto? Gli eletti ne prenderanno sonoramente le distanze?
Talarico, la “punta di diamante” … scheggiata
A far discutere è anche l’ex candidato di punta della lista di diretta espressione di Enzo Romeo, primo degli eletti con 239 voti. Parliamo dell’attuale assessore agli affari generali e contenzioso, Marco Talarico, politico vibonese di lungo corso (già capogruppo del Pd fino al 2014 e presidente del consiglio comunale dal 2005 al 2010).
Talarico non è indagato ma alcune questioni fanno comunque discutere. Alle politiche del 2006 era candidato alla Camera con l’Udeur. In un’informativa della Dda di Catanzaro prodotta nell’ambito dell’inchiesta “Nuova Alba”, la cui operazione è scattata nel 2007, vengono intercettati due soggetti noti alle cronache giudiziarie: Domenico Franzone e Filippo Catania (cognato del boss Carmelo Lo Bianco). Entrambi sono stati condannati in via definitiva per associazione mafiosa proprio in “Nuova Alba”, mentre il primo anche per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso nell’ambito del processo “’Mbasciata”. Ecco il testo dell’intercettazione captata alle ore 10.15’ del 10.4.2006 (progr.2198), riguardante il loro presunto sostegno elettorale a Talarico.
C: Io ho visto a TALARICO…
F: Ah… ah…
C: Gliel’ho detto… ma io gliel’ho detto io… indipendentemente ….perché gli ha parlato poi…
F: Eh… non hanno parlato… (inc.le)…
C: Dice: “Io ho saputo… che purtroppo …ehm…”…
F: (inc.le)
C: No… no… si… no gli ho detto io… “Avvocato… indipendentemente da queste cose qua… i suoi voti ce li ha… perchè noi…”
F: Lo votiamo!
C: Siamo legati con lui proprio… (pausa)… “Si… si… basta… basta… ho capito… (..)
Non solo elezioni. Nell’ottobre del 2017, però, due cooperative fondate da Talarico e operanti su Briatico nell’ambito dell’accoglienza ai migranti, la Monteleone 3.0 Società Cooperativa Sociale e la Cooperativa Sociale Monteleone Servizi, ricevettero l’interdittiva antimafia e la nomina prefettizia di un amministratore straordinario e temporaneo.
Talarico impugnò al Tar i provvedimenti di interdittiva ma perse sia in sede cautelare che nel merito. Nella sentenza del Tar Calabria n. 260 pubblicata il 20 febbraio 2023 si legge che: “come già rilevato nella provvisorietà della sede cautelare – sia di prime che di seconde cure – la prognosi svolta dalla pubblica amministrazione in ordine all’esistenza di possibili infiltrazioni di associazioni mafiose è da ritenersi non illogica nè irrazionale, tenuto conto del numero di rapporti con soggetti gravati da indizi di condizionamento mafioso, dal contenuto del quale possono desumersi elementi per ritenere l’esistenza di rapporti relativi all’attività svolta dalla stessa ricorrente e rapporti tra soci e amministratori della stessa con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata” e che “emerge un quadro indiziario contraddistinto da plurimi e concordanti elementi sintomatici di infiltrazione mafiosa”.
Anche la sentenza del TAR di Reggio Calabria che conferma l’interdittiva antimafia di F94 s.r.l. di Costantino Trimboli (indagato nell’ambito della recente operazione “Olimpo”, ndr) parla della Monteleone, ossia di “Un significativo rapporto contrattuale di sub appalto, in essere con l’associazione Monteleone Protezione Civile, pur essa gravata da informativa antimafia interdittiva, che ha affidato alla ricorrente (per altro simulando un rapporto di fornitura ed in violazione di un espresso divieto di sub appalto) una serie servizi afferenti alla gestione dei centri di accoglienza per migranti in provincia di Vibo Valentia” e mette nero su bianco che l’interdittiva sia stata legittimamente adottata considerati anche “i rapporti ambigui tra F94 s.r.l. e l’associazione Monteleone Protezione Civile, pur’essa interdetta” (Sentenza Tar Reggio Calabria n. 695 del 26 novembre 2018).
Una informativa della Guardia di Finanza di Vibo Valentia del 24 luglio 2020 sottolinea come l’avvocato Marco Talarico fu amministratore e gestore dell’Associazione “Monteleone protezione civile” dal 2014 al 2016, cariche poi cessate a seguito di vicende giudiziarie che l’hanno coinvolto (e conclusosi con il totale proscioglimento). A succedere nella carica di presidente fu Greta Mazzoleni, cognata di Talarico, mentre come direttrice vi era Lelia Zangara, molto vicina al medesimo a livello personale. Il Talarico, quindi, secondo tale informativa, rimaneva il gestore di fatto dell’associazione la cui interdizione per mafia è stata confermata definitivamente dal TAR di Catanzaro nel 2023. Certo, la Monteleone si è fusa nel 2019 ed è stata riammessa nella “white-list”, mentre Talarico è rimasto incensurato e non indagato, ma qualche domanda, alla luce di quanto sopra, può legittimamente porsi e la risposta non è e non può essere il silenzio.