Finalmente Denis Bergamini ha avuto giustizia. 35 anni di attesa tra errori, insabbiamenti, ricostruzioni tecniche ed esami anatopatologici ai limiti della fantasia, ma anche magistrati inquirenti discutibili (ma non serve dirlo perché per definizione i magistrati lo sono anche quando non sbagliano, che è umano, ma fanno poco per non sbagliare).
Se non ci fosse stato la testarda resistenza della sorella di Denis e del suo papà Denis sarebbe rimasto per sempre “un suicida a sua insaputa”.
Se non ci fossero stati i ragazzi delle curve di Cosenza e di tanti altri campi di calcio non avremmo avuto sia pure scandalosamente tardi questa sentenza.
Il caso ha voluto che fossi allo stadio di Monza in occasione della partita Monza-Cosenza. In tribuna vicino a me era il Presidente del Cosenza calcio dott. Serra (è noto che per non rompere il legame con la mia città, come decine di migliaia di cosentini lontani, il calcio fu il cordone “ombelicale” che non fu tagliato. È stato tagliato solo nel 2022 da quattro macellai e da una massa di gente pavida, il contrario di quei ragazzi ora uomini maturi che senza soldi, senza timori, senza secondi fini se non la verità.
Torno alla partita con il Monza. Vidi chiaramente che Bergamini, che era sempre stato un giocatore corretto ed elegante nelle sue giocate, era inquieto in maniera evidente. Fu ammonito, giocò male e se ricordo bene la partita terminò in pareggio, ma senza che ci fosse stato un grande spettacolo di calcio.
Mi presentai al presidente Serra e gli dissi: Ma perché Simoni (allenatore del tempo) non sostituisce Bergamini? Non vede che oggi non è il solito giocatore?
Serra non ricordo cosa disse, ma di sicuro fece un cenno di assenso sul fatto che Bergamini era evidentemente nervoso e turbato.
Naturalmente nessuno pensò al dramma che pochi giorni dopo lasciò attoniti tifosi e semplici cittadini.
Non ho seguito nei dettagli la lunga indagine fatta con i piedi e tutto il resto che ne seguì, ma rimasi sempre convinto che quella partita a Monza non era stata solo brutta e noiosa, ma era stata il segnale di una condizione di sofferenza di Denis che poi si realizzò con il più non-credibile suicidio della storia recente.
Non so perché e per volontà di chi in Calabria, a Cosenza o Castrovillari non fu cercata la verità. Ora che, tornato per meno di tre anni “a casa”, per altro caso ho capito che la verità, quella “vera”, piace poco, ha un sapore estraneo ai “gusti del palato” dei nativi, perché essa fa bene a pochi ma è pericolosa e sgradita a molti. Oggi come 35 anni fa, quando di anni ne avevo 42 e non 78 come oggi.