A Cosenza, piccola città con una storia illustre alle spalle e con un presente e un futuro grigi e decadenti davanti, nel maggio 2022 si è compiuta una rapina, come ne succedono spesso a danno delle banche ma poiché la rapinata è una Fondazione, un ente no profit come altri 300.000 che tengono in piedi l’economia nazionale, il termine più giusto anche se brutale dovrebbe essere “stupro”.
Tra le tante anomalie di questo “assalto” è che esso vede 4 membri del CdA nominati dal neo presidente, non con azzardo, ma fidando su rapporti personali e professionali da 10 a 40 anni, e un sostenitore neanche occulto, il Sindaco del tempo Mario Occhiuto, cioè colui che convinse il domestico mecenate ad andare oltre la missione di finanziare qualche intervento di restauro su sedi scolastiche o assistenziali e comprare, restaurare e attrezzare la storica affascinante Villa Rendano, che abbandonata da anni dalla proprietà SNAM andava velocemente verso un degrado irreversibile.
È poco elegante, ma la Fondazione Attilio e Elena Giuliani era stata voluta dall’ingenuo figlio Sergio per onorare papà e mammà, partendo con un capitale di € 10.000 (pochini per la verità) per imbarcarsi per un’impresa nobile che sarebbe costata € 14.000.000.
In questi casi il privato ci mette i soldi e il pubblico, il Comune di Cosenza, per raggiungere un obiettivo utile ai cittadini, si impegna con un patto di “sussidiarietà” a non fare scherzi da prete.
Il fondatore che ha un’ottantina di anni si rivolge al cugino Francesco Pellegrini (più conosciuto come Franco), due lauree, una lunga esperienza manageriale nella comunicazione e nelle relazioni internazionali, che sia pure con qualche perplessità accetta il ruolo di “tuttofare” che per eleganza si chiama Direttore generale, peraltro non pagato.
Con molto lavoro, evitando “le bucce di banana” lungo il percorso, i risultati si vedono. La villa è tornata al suo antico splendore, è meta di visita di migliaia di turisti, organizza incontri su temi strategici con relatori illustri, crea soprattutto il più grande museo storico multimediale riconosciuto dal Ministero della Cultura, d’estate ospita concerti con musicisti da mezzo mondo, ecc… ecc…
Franco Pellegrini, che ha cambiato l’immagine delle FS, anche con una ricca ed elegante produzione editoriale, decide di far nascere un giornale di inchiesta libero in una regione che ha l’idiosincrasia per l’informazione libera, e lo chiama ICalabresi. In un anno, con un bel gruppo di giornalisti bravi, ben pagati e con regolari contratti, ottiene un successo insperato, anche fuori dalla Calabria. Partito con un budget di € 160.000 viene valutato € 250.000.
Tutto bene? Manco per niente, perché ICalabresi nato dopo la bocciatura di un mensile cartaceo diretto da Antonio Nicaso, amico e coautore del procuratore Nicola Gratteri che con giornali e TV ha la fissa, 6000 copie annue, budget € 200.000, cioè € 350 a copia, sembra ai quattro membri del CdA, in particolare l’omonimo Walter Pellegrini, un dito negli occhi di Gratteri. Lui usa un’espressione più “istituzionale”: ICalabresi sono un danno per la fondazione.
E da bravo sperperatore, pardon amministratore, organizza la caduta del CdA e la defenestrazione del tuttofare (bene e gratis) Francesco Pellegrini.
Lui per tigna e perché “obbligato con donazione modale dal fondatore a guidare la Fondazione e assicurarne il futuro” fino a quando ce la farà, cita per abuso di diritto i pirati presso il Tribunale di Roma.
Il processo a detta di tutti non potrà che riconoscere che, senza motivo e solo per bramosia, è stato dato l’assalto alla Fondazione svuotandola di senso, facendo fuori dopo averle mobbizzare due eccellenti professioniste e riducendola a mercatino delle pulci. Errore, il giudice, pardon la giudice, scrive la classica sentenza “vendicativa”, perché non ha gradito di essere stata ricusata, e evidentemente a ragione visti i risultati, a riprova del fatto che in questo Paese c’è un enorme problema giustizia.
Reazioni delle istituzioni, della Cultura, della politica a livello nazionale e locale nessuna (tranne una benemerita interrogazione parlamentare dell’ex Senatore Morra e altri 4 ex parlamentati del M5S).
Ma quale è il significato di questa storiaccia: il Codice del Terzo settore non serve a nulla, la “sussidiarietà” è una parola senza senso; soprattutto con questo precedente i 300.000 enti no profit sono potenziali prede del politico di turno o del primo pirata voglioso che non è poi così difficile incontrare.
PS: la devastazione della Fondazione e delle sue realizzazioni è costata ad occhio almeno € 13.000.000 (a parte i costi immateriali non quantificabili). Ciò significa che il giornale bocciato, che sarebbe tanto piaciuto a santosubitogratteri, sarebbe costato non € 350 a copia, ma € 2.166 cioè duemilacentosessantasei. Un affare.