Non ho difficoltà a riconoscere, dopo l’assalto brigantesco fatto alla Fondazione Giuliani e al suo Progetto genericamente definito “Villa Rendano”, che ho – ribadisco: ho, non abbiamo – immaginato e realizzato in buona parte credendo che Cosenza lo meritasse e che l’essere figlia di una storia importante da “terza perla” dell’impero di Federico II lo consentisse. È stata una sopravvalutazione ampiamente smentita.
Sergio Giuliani non ha mai provato a fare una sua proposta progettuale, sia per ragioni di età e di salute, sia soprattutto perché legato da un rapporto ambiguo – di sfiducia ma anche di subordinazione – al fratello Vittorio, che è stato da subito contrario alla nascita della Fondazione, ancor prima che essa alzasse l’asticella da semplice e tutto sommato parco dispensatore di risorse al Comune, come sempre con grandi progetti, a chiacchiere secondo lo stile Occhiuto, ma con le casse semivuote.
Vittorio non ha mai nascosto – ed io non ero ancora comparso sulla scena – che considerava il patrimonio di Sergio non suo, di lui Sergio, ma di lui Vittorio secondo la bizzarra teoria che solo lui aveva lavorato con il padre, vero imprenditore di qualità, per costruire un’impresa non solo commerciale nel settore arredamento. Il fatto che quanto meno per obblighi di legge Sergio e Vittorio avevano gli stessi diritti successori da legittimari era per Vittorio una bazzecola. E nei fatti lui ha ottenuto in vari modi più di quanto gli spettasse. Ma questo fa parte di fatti privati e modelli familiari che io ben conosco perché mia madre e la mamma dei fratelli Giuliani erano tutte e due marcate “Tucci”. Sergio era Tucci più che Giuliani, Vittorio è prevalentemente Giuliani.
Cosa significa essere, come in parte lo sono io, con DNA non esclusivo ma prevalente Tucci? La figura materna è di solito dominante (nel caso di Attilio molto meno), la fedeltà assoluta alla famiglia d’origine – peraltro giustificata da un legame assai forte e protettivo specie con il primo figlio divenuto precocemente capofamiglia perché autorevole, generoso, riferimento meritato per tutti e per le cinque sorelle con gli obblighi e le conseguenze, positive e non, relative.
Se vi sembra inutile o addirittura inappropriato questo excursus familiare non potete capire la vicenda conclusasi con un atto che Sergio vivente avrebbe considerato un obbrobrio, un delitto grave e intollerabile, una vera e propria bestemmia.
Ma Sergio dal 2020 non c’è più e anche prima era circuito o condizionato ai limiti del Codice penale dalla pseudo badante rumena (legataria per oltre 1 milione e seicentomila euro) e in modi diversi dal fratello coltello. Costui peraltro – sono un testimone diretto – ha fatto gonfiare l’avventuriera rumena perché pensava di utilizzarla come spia di chissà quali imbrogli andava realizzando il noto malfattore Franco Pellegrini.
Gli imbrogli ci sono stati, ma sono tutti attribuibili ad altri, Vittorio Giuliani compreso.
E la mia battaglia che mi è costata la salute, costi per avvocati felloni o incapaci per circa 70.000 euro, NON AVENDO ANCHE IN CASO DI VITTORIA CHE DOVREBBE ESSERE SCONTATA NEL PROCESSO VICINO A SENTENZA alcun interesse personale.
Ma un interesse da ingenuo o fesso in realtà ce l’ho: fare quello che Sergio Giuliani senza essermene grato perché GENETICAMENTE INCAPACE DI ESSERE RICONOSCENTE (CON I POCHI A CUI DOVEVA RICONOSCENZA) si sarebbe atteso da me. E se dopo avermi ignorato sempre quanto meno perché avevo accettato con atto notarile di fargli da amministratore di sostegno fino alla morte volle fare una notissima donazione, congrua ma molto più modesta di tante altre regalie a destra e a manca, da me accettata solo se fatta con atto pubblico e non umma umma come tante altre più cospicue e “aggratis”. Donazione fatta solo perché temeva che mi incazzassi e lasciassi alla deriva la Fondazione ed infatti in essa è scritto che essa “mi impegna a guidare la Fondazione e assicurarne il futuro fino a quando lo consentano le condizioni psicofisiche”, obbligo tutt’ora esistente.
Questa è solo l’inizio di una storia ignota, ma vera e ve la racconterò tutta, ma proprio tutta, perché i vermi traditori non se la caveranno neppure con una sentenza onesta e non manipolata. Il prezzo lo pagherà la città di Cosenza, e di questo non mi rallegro, ma solo una massa di idioti, imbroglioni, servi e cialtroni potevano credere che a fine vita il sottoscritto accettasse da pecora l’assalto dei lupi e delle jene.
Il racconto continua. Vi invito a leggerlo tutto perché cosi il gossip provinciale e meschino potrà contare su qualcosa di vero, con o senza i Santisubito togati e non.
Ripeto: non è una racconto che non c’entra nulla con la storiaccia di Villa Rendano, ne è invece la vera essenza.
Alla prossima puntata.
1 Comment
Buongiorno. Io ne farei un film di queste vicissitudini… C’è molto materiale…