Come avrete notato – penso a coloro e sono tanti e aumentano ogni giorno di più – I Nuovi Calabresi, che aveva scelto una linea editoriale libera, ma non troppo severa (rispetto alla gravità dei fatti e dei loro autori) ha deciso non di inventare colpe e responsabilità, ma di renderle note e soprattutto comprovabili.
È successo con i pirati della Fondazione Giuliani e annessi e connessi. Nomi di persone illustri non sono stati nascosti se hanno avuto una parte di semplice omissione e silenzio nella storiaccia di Walter Pellegrini e Santo Mungari in particolare. La reazione normale sarebbe o provare che sono tutte bufale o avere la coscienza sporca e quindi abbassare le penne o cercare di non far incazzare ancora di più coloro o colui che un po’ tardi ha capito tutto o quasi tutto e quindi sarebbe meglio di non aumentare l’incendio che è già forte di suo.
Poiché questo non è accaduto e ogni giorno arriva una nuova iniziativa infondata, illegittima, provocatrice volendo essere intimidatoria ho riflettuto su questo caso che ha un nome “Sindrome da manipolazione relazionale” e ho deciso di scriverne citando Cinzia Mammoliti:
La figura del manipolatore relazionale (che può essere di sesso maschile o femminile indistintamente) dietro cui si celano spesso gravi patologie psichiatriche non diagnosticate, dal narcisismo maligno alla psicopatia, è diffusissima nella nostra società.
Soggetto di difficile identificazione per il camaleontismo che ne caratterizza il modo d’agire (1), mira all’assoggettamento e annientamento psicologico delle vittime, donne o uomini, che sceglie con cura per indurle, attraverso l’uso di menzogne, sotterfugi e raggiri, all’acquiescenza.
Seduttivi e pieni di attenzioni nella fase iniziale del rapporto, i manipolatori relazionali, indossano differenti maschere per attirare nella loro rete le prede che decidono di vessare e creano dipendenza utilizzando le leve emozionali del senso di colpa e della paura.
Di rado rispondono agli ordinari stereotipi dell’immaginario collettivo che vogliono l’abusante ignorante, brutto, grezzo e volgare. I manipolatori relazionali sono estremamente subdoli e si celano dietro a persone spesso di bell’aspetto, colte, educate, gentili e anche di classi sociali elevate.
Dopo aver sedotto e catturato la preda, ottenutane la dipendenza emotiva, i manipolatori relazionali svelano la loro vera natura dando via al maltrattamento, all’umiliazione e allo svilimento attraverso l’utilizzo della loro arma preferita: la comunicazione aggressiva, ambigua e destabilizzante o il silenzio.
Si tratta di individui anaffettivi, irresponsabili, privi di sensi di colpa ed empatia accurata, incapaci di rimorso che passano di vittima in vittima per prosciugarne l’energia e destabilizzarne l’emotività. Il loro obiettivo primario, di cui sono solo parzialmente consapevoli, consiste nell’uccidere la vitalità dell’altro a fuoco lento, cercando prima di fargli perdere la ragione.
Chiunque può incontrarne uno e anche in questo caso non valgono gli usuali stereotipi che vogliono la vittima fragile, inerme e con scarsa considerazione di sé.
Molte donne e uomini forti e strutturati cadono, infatti, in questa trappola: basta soltanto che possiedano una ferita narcisistica, quella ferita, presente nella maggior parte di noi, che riguarda un passato di mancato riconoscimento o una non comprensione, da parte delle figure di riferimento, dei propri bisogni, del proprio dolore, impegno, conquiste e in generale, del proprio esserci.