Le parole dette o scritte sono importanti, ma sono solo un modo per parlare di contenuti, cose reali, eventi belli e brutti.
Per la prime soccorre la Filologia, per i secondi il coraggio e il dovere di rendere conosciuto ciò che non tutti vorrebbero perché sgradevole, disumano, imbarazzante nel migliore dei casi.
Queste considerazioni mi vengono suggerite dalla tragica ricerca di trasformare in un problema linguistico, campo della Filologia, ciò che è invece storia, umanità, pietas – un termine latino che non ha una reale coincidenza con la nostra “pietà”.
È accaduto altre volte, accade da mesi o anni con il GENOCIDIO del popolo palestinese. Ciò che si respinge da parte di molti, per ignoranza, malafede, opportunismo è il termine “genocidio” non l’uccisione sotto le bombe e i missili di almeno 50.000 esseri umani, in gran parte neonati e bambini. E quelli che riescono a sopravvivere lo fanno senza cure mediche, senza cibo, con acqua sporca, vivendo sotto tende di stracci dove si soffre il freddo e il caldo. Con intorno o detriti o resti di cadaveri o sabbia, solo sabbia.
Come chiamiamo tutto questo per non offendere la sensibilità non degli ebrei, ma di una loro minoranza che vive e governa Israele? Grave disagio, invitabili conseguenze, destino avverso, o meglio colpa di esserci?
Per la grande maggioranza di esseri umani – tali non per l’anagrafe ma perché nati dalla congiunzione uomo-donna – tutto questo è GENOCIDIO, odioso, imperdonabile, orrendo come quello subito dagli ebrei nei campi di sterminio nazisti, o nei gulag staliniani o nelle carceri di Assad o in quelle iraniane. Il genocidio non si definisce in base ai numeri, per la sua intrinseca natura sterminatrice.
Papa Francesco l’ha detto – con un minimo di prudenza diplomatica – ma noi cittadini comuni della diplomazia possiamo fottercene.
E per essere chiari, lo “sterminio”, è iniziato nel 1948 sia pure in modo molto più contenuto e prudente, e non è mai terminato in tutti questi anni. Provate ad immaginare, come scrive lo storico israeliano Pappè, di non poter rimettere piede nella terra dove siete nati – parlo di milioni di palestinesi – perché per la demografia diventerebbero presto più numerosi dei non palestinesi nativi. Provate ad immaginare milioni di palestinesi che non possono uscire da un fazzoletto di terra – la parola “striscia” per Gaza è onomatopeica – se non autorizzati con il contagocce. E se per voi l’esempio è abusato andate a Betlemme, luogo sacro per noi cristiani, circondata da mura il doppio o il triplo più alte dell’ex muro di Berlino, con la frontiera ferrea dove se sei palestinese di un territorio, quello di Betlemme, o Cisgiordania, o Nazareth formalmente affidate (governate???) dall’Autorità palestinese che conta come il due di coppe a briscola, non sai mai se ti lasceranno andare alla vicina Gerusalemme per lavorare. Se sei su un pullman di turisti o pellegrini di norma passi, ma puoi dovere attendere ore perché i soldati israeliani anche a ragione controllano anche le borse da donna o i bagagli per una notte in albergo.
Ma torniamo a Papa Francesco per conoscere il quale è utile leggere l’ultimo numero di DOMINO, rivista sul mondo che cambia e dedicato questo mese tutto all’Ultimo Giubileo.
Bergoglio non ha grande carisma, non è osannato anche per convenienze politiche del PCI E PCUS del tempo, come Giovanni XXIII Il Papa buono per eccellenza beatificato al pari di Papa Pio XII che a molti non sembrava tanto buono quanto assai prudente, aristocratico e algido.
Papa Francesco con i suoi limiti parla molto con gli atti più che con le parole: cito i titoli di alcuni capitoli di Domino: “Sognante il riscatto del pueblo, Bergoglio non si riconosce nell’Argentina di Milei (ndr quel tale con una sega elettrica da agitare), rassegnata alla superiorità degli USA. Detto in parole semplici il pueblo di Bergoglio è allergico alle influenze dei gringos.
Ed ancora: Nell’attuale scenario globale. Bergoglio ha indossato il saio francescano o Il Papa geograficamente più occidentale è anche il più orientale per vocazione missionaria.
Ed infine: Da decenni le Chiese statunitensi hanno penetrato il tessuto latinoamericano, scalzando Roma, Il Papa argentino non pare fermare l’emorragia.
Potrei continuare ancora per un’altra domanda retorica: Il papa delle favelas e delle baraccopoli sudamericane può mai essere tenero, comprensivo e diplomatico con un “macellaio” come Netanyahu, odiato prima del 7 ottobre dalla maggioranza degli israeliani, e usare un termine più “educato”, ma falso e ipocrita di “genocidio di un intero popolo che in Palestina è nato ed ha sempre vissuto in pace anche con gli ebrei prima che nascesse lo Stato di Israele”?
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Un Papa molto coraggioso.condivido totalmente tutto,