Ieri ho incontrato un commerciante di Grosseto. Una persona cortese, non un intellettuale che discute dei grandi sistemi o dei cicli storici che mostrano d’essere prossimi alla fine, ma senza che si capisca cos’altro prenderà il loro posto.
È questo probabilmente il guado, una specie di terra di nessuno, in cui molti, la grande maggioranza, prova un grande disagio e vive in una penosa incertezza.
Questo signore mi ha detto parole che condivido, e non sono certo il solo. Ha parlato della perdita di umanità, come sentimento diffuso ma anche come fattore che rende le persone diverse dalle bestie, che per loro indole naturale debbono essere forti e furbi per sopravvivere nella savana, soccombendo agli animali più forti e crudeli.
Ha detto cose che soprattutto noi meno giovani sentiamo vere, che ci danno un senso di smarrimento, in parole un po’ abusate “la fatica di vivere”.
Se lo stare in mezzo alle persone – che pure sono diverse, virtuose o maligne, generose o criminali – ti crea tanta sofferenza e la sentiamo che di sofferenza esistenziale ce n’è in grande abbondanza, diffusa ovunque, cosa puoi fare? La cosa in teoria più facile è lasciare le città grandi o piccole che questo clima tossico te lo fanno sentire anche se stai chiuso in casa.
È noto che moltissimi, grazie anche alla rete che non ti obbliga a lavorare sempre in un ufficio, hanno scelto di vivere in piccoli borghi dove esiste ancora il senso della comunità.
Altri hanno deciso, se possono, di vivere in campagna dove senti una serenità, un’umanità (intesa come senso di) che da tempo sentivi perduta.
Il signore grossetano ha fatto da tempo una scelta non usuale, né facile. Ha scelto di passare almeno un mese all’anno in paesi lontani, in Asia soprattutto, in aree semidesertiche ma dove cerchi e trovi uomini che sono rimasti tali, non primitivi, ma puri.
La purezza dell’uomo è diventata una espressione con poco senso. La sentiamo lontana nel tempo e, con una deformazione del significato della parola “progresso”, la identifichiamo con l’essere primitivo, più bestia che uomo.
No, dice il nuovo amico maremmano, quando vado alla ricerca di terre quasi disabitate hai la possibilità di incontrare pochi uomini e parlare con loro senza usare una lingua che non conosci, ma per uno strano miracolo comprendersi reciprocamente.
Non è “un miracolo” è il frutto dell’essere l’uno e l’altro rimasti persone autentiche, senza malizia, senza falsità, senza cattiveria.
E quando sei anche fortunato troverai uomini di fede, non importa di quale credo religioso, che ti accolgono come un amico, ti danno qualcosa in più dell’ospitalità, ti danno e si aspettano di ricevere il conforto raro alle nostre latitudini della gioia dell’innocenza e della purezza.
È un racconto fantastico? No, lo riteniamo fantastico perché non abbiamo più la voglia dell’innocenza che è molto di più che assenza di cattiveria.
Poi ho lasciato il negozio di questo signore che mi ha dato la testimonianza che non è impossibile evitare il suo contrario, la disumanità cattiva.
Arrivato a casa ho acceso il computer – vi sono quasi obbligato dirigendo un giornale – e subito sono tornato con i piedi per terra.
Mi è arrivata una PEC dell’avvocata che lavora per Mungari e gli altri membri della banda Bassotti.
Dopo aver respinto la richiesta di rateizzare un debito che considero il frutto avvelenato di un processo iniquo di 15 minuti per fare fronte alle spese mediche non differibili, dopo aver negato con parole demenziali che la manleva che mi tutelava nel ruolo di Direttore responsabile de ICalabresi per il boss della banda non era per loro più valida. Forse perché è arrivata una convocazione in Tribunale per articoli diffamatori quando la manleva forse non era stata ancora firmata? No, perché a lor signori gli piace dire di no.
E non bastasse questo misto di ignoranza e arroganza, arriva un’altra PEC di un conto corrente cointestato Sergio Giuliani e il sottoscritto risalente al 2015. Un conto cointestato dovrebbe essere comunicabile con il consenso dei due titolari. Ma una spia o una avventuriera la trovi sempre. Ma quale imbroglio si nascondeva in quel banale e modesto cc? Una serie di prelievi di norma modesti, salvo uno più consistente motivato con la necessità di far fronte a spese impreviste per la Fondazione. Vi risparmio l’idiozia dell’avvocato, immagino costretta a scriverla.
Siccome quei soldi erano destinati alla Fondazione io (che sarei il titolare di metà delle somme depositate) dovrei restituire l’importo di qualche decina di migliaia di euro perché andrebbero fatti confluire nel lascito testamentario. Confesso che ho faticato a capire il busillis di questa PEC. Io e Sergio (se fosse vivente) dovremmo restituire la somma che è stata data alla Fondazione perché un nostro teorico credito diventa miracolosamente un debito per me, che oltre tutto sarei possessore di metà della somma depositata.
Potrei aggiungere altri particolari, ma il tema di questo articolo è la scoperta o se volete la speranza che in qualche parte del mondo, fuori dai circuiti turistici abituali, sia ancora possibile godere il profumo dell’umanità.
Ma un imbecille, che non ha capito che il cerchio si stringe intorno a lui e ai suoi compari, ha cancellato il sogno e il piacere di aver per caso incontrato una persona sensibile e desiderosa di incontrare persone pure non bestie e mi ha rigettato nel pozzo nero della cattiveria, dell’arroganza, dell’ignoranza, della pretesa di godere dell’impunità grazie a qualche protettore magari togato che mi auguro sia solo un’aspirazione delusa di un traditore e un malandrino di bassa lega.