Questo non è un articolo che vuole per l’ennesima volta raccontare, denunciare, un’azione criminale a danno di un ente no profit nato da sentimenti e interessi tossici di un paio di traditori, Walter Pellegrini e Santo Emanuele Mungari, meri esecutori e accompagnati, protetti, coccolati in una prima fase da tutto il sistema di potere di Cosenza.
Non voglio neppure commentare la chiusura di un libero giornale autorevole e letto da milioni di persone sparse in tutt’Italia.
Al Giudice del lavoro, al quale ho potuto spiegare il contesto cosentino, quando ho fatto cenno alla chiusura de ICalabresi è venuta spontanea la domanda: è stato chiuso dall’Autorità? Già perché persino in Italia per fare morire un giornale ci vuole una robusta ragione e un provvedimento della Magistratura.
Ma Cosenza e la Calabria sono ancora Italia, che non meglio della democrazia?
Io credo che Cosenza e ovviamente la Calabria somiglino sempre più al Far West che abbiamo conosciuto con i film di genere, a un luogo dove l’apparenza inganna – struscio a corso Mazzini, signore impellicciate e ingioiellate che si godono l’ammirazione di pochi e la maldicenza di molti.
Ma questo è provincialismo, cattivo gusto piccolo borghese non la prova che Cosenza naviga sul mare dell’illegalità, della delinquenza, quella vera, dell’omertà dei cittadini, sulla inaffidabilità della politica e di parte della Magistratura. C’è qualcuno che ne parla o ne scrive magari per dimostrare che questo quadro torvo è infondato, frutto del rancore di un anziano cosentino venuto da Roma, mentre la realtà è tutt’altro. È la Vie en rose in versione bruzia.
Ho ampiamente esaurito la fase dell’incazzatura personale per un’azione di rapina e per il seguito arrogante e persecutorio di un omuncolo che senza un minimo di competenza e di pudore comunica che per due articoli archiviati dal GIP di Catanzaro e ora appellati dal miracolato prof. di Catanzaro non sono più coperti dalla manleva che avevo naturalmente richiesto, perché scaduta?
Perché non prevede di pagare le spese per onorari di difesa? No, il motivo è un altro: a mmia nun mi piacia ca ti debba pagare per i cazzi tuoi (che non fossero miei, ma del ruolo di Direttore responsabile non ha alcun rilievo).
Ora, ditemi se oggi esiste un posto dove fin’ora impunemente quattro cialtroni decidono che gli “garba” (è il termine che sento usare in Toscana dove abito) prendersi tutto il cucuzzaro. Non hanno materia per giustificarlo, ma niente paura: nel primo CdA dei ladroni decidono di fare una pesca a strascico, in linguaggio colto si dice audit, perché qualcosa di sbagliato pescheranno. Neanche una triglia. Allora allargano il campo fino al 2018 ma dimenticano che dal 2018 presidente era Giuliani e pensare che lui rubasse a se stesso mi sembra un segno di paranoia. Poi tirano fuori una donazione che Giuliani mi dette di malavoglia (e infatti chiesi al notaio di annullarla che mi prese per fesso e si inventò una balla per non farlo), fatta con atto pubblico non come un falso prestito a lungo termine per non pagare le tasse.
E i manigoldi che hanno ricordato questa donazione – di poco superiore a quello che ricevuto per fare “il rappresentante della Fondazione sul territorio” Walter Pellegrini più altri benefici – presentandola come retribuzione di 10 anni di lavoro e responsabilità da Direttore generale, una bestialità da matricola di giurisprudenza, ma in compenso hanno finto di dimenticare che la donazione modale ha un obbligo anche ora perfettamente valido e cioè “quello di governare la Fondazione e di assicurarne il futuro sino a quando lo consentano le condizioni di salute.
Anche questo è noto a molti e ci sono tre processi civili e quattro o cinque denunce penali che marciano speditamente per quanto possibile.
Ma la vera domanda è: di tutta questa storia criminale si sa tutto, basta leggere I Nuovi Calabresi e i libri che ho scritto e resi leggibili gratis. Perché il Prefetto, il Questore, Il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Cosenza, il nuovo Comandante provinciale dei Carabinieri che è certo di pari valore e disponibilità del suo predecessore Col. Spoto che ho avuto l’onore di frequentare e conoscere anche segnalando taluni fatti inquietanti non sentono il bisogno di indagare e, senza attendere l’ennesima denuncia da parte mia, verifichino se c’è materia per procedere d’ufficio.
Questo se si vuole andare oltre l’apparenza che è già scandalosa di suo e se del caso intervenire per non far somigliare Cosenza a qualche avamposto del lontano West.