In molti scrivono o dicono che la scuola, l’insegnamento ben inteso e praticato, sono essenziali per cercare di uscire dalle tenebre del nostro tempo e che la maggioranza dell’umanità avverte, conosce, ma non è in grado di superare.
La maggiore preoccupazione è per i giovani che, come mostrano le cronache recenti, ricorrono alla violenza sino all’uccisione dei genitori, fratelli o amici, perché “hanno perso il senso di sé”, come scrive Galimberti che ho più volte citato nei miei articoli.
In tanti pensiamo che assegnare genericamente alla scuola la missione salvifica che tutti sentiamo necessaria è una formula rituale, senza fondamento, senza che vi sia un reale consenso.
Se non vogliamo “filosofeggiare” – cosa peraltro che da amante della filosofia considero il modo più alto per capire ed insegnare – parliamo di risorse economiche negate da decenni alla scuola, di insegnanti “con stipendi di fame”, di maleducazione degli studenti che sfocia spesso nella violenza supportata da quella dei genitori giustizieri. Tutto vero, ma tutto scontato e inutile.
Se voglio essere sincero, avendo avuto la fortuna di insegnare nei migliori licei di Roma fino a quando me lo sono potuto permettere con stipendi che al tempo erano ancor più di fame (quello che guadagnavo come sottotenente per la leva obbligatoria era oltre il 30% di più rispetto allo stipendio di ruolo nei licei, grazie anche ad una voce che mi pare si chiamasse indennità di combattimento o qualcosa di guerresco, senza le guerre di oggi alle nostre porte), debbo dire che tutte queste motivazioni fondate valgono meno di nulla.
Se debbo scrivere di mie esperienze personali, capitate guarda caso entrambe in Calabria, per giustificare parole così perentorie debbo ricordare la mia esperienza di commissario d’esame della maturità al liceo scientifico di Paola quando fui parte attiva con i colleghi nella bocciatura di massa, credo 19 su 24, di ragazzi che avevano voti alti come compensazione alle ripetute assenze delle prof., causa rifiuto di prendere la “littorina” in partenza dal capoluogo.
Ma debbo anche ricordare il rifiuto vile e diseducativo di tre capi di istituto della provincia a mettere per iscritto le parole di elogio pronunciate a Villa Rendano nei confronti di una nostra giovane e brava collaboratrice che, fatto fuori me dalla Fondazione, era destinata al licenziamento perché il solito Walter Pellegrini doveva compensare la consigliera jena per contare sulla complicità.
A cosa serve una scuola con questi docenti vili e omertosi?
Usciamo dal pantano calabrese parlando addirittura di Socrate (non vi scandalizzate del fatto che io ami la filosofia e la capisca pure se alla maturità ebbi il massimo dei voti, 10) e per farlo cito da un libro di Vito Mancuso, storico delle religioni e teologo, “I quattro maestri”.
Socrate è stato il padre della “filosofia morale” e naturalmente il tema di “anima e sua educazione” era centrale.
“La maniera migliore di proteggere l’anima consiste nell’educarla. Socrate intese la filosofia come un’educazione dell’anima, operazione a cui di continuo esortava: indagate voi stessi, concentratevi sul mistero che contenete al vostro interno, ripulite il vostro linguaggio senza ripetere parole di cui non conoscete il senso effettivo, vivete in funzione del bene e della giustizia. Per questo (il filosofo) Jaeger lo definì giustamente “la più grande personalità di educatore apparsa nella storia del mondo occidentale”.
I nostri insegnanti dovrebbero tutti fare come raccomanda Socrate? Magari direi io, ma non me lo aspetto, basterebbe che almeno conoscessero (e si comportassero di conseguenza) che il senso più vero dell’etimologia in-segnante, è uno che segna dentro.
Sono sicuro che tra decine di migliaia ci siano insegnanti italiani che cercano di educare nel senso più nobile, morale e civico, ma non sarei ottimista visti i risultati della scuola, al netto delle inadempienze di tutti i governi.
Escludo che le prof. assenteiste di Paola o le docenti omertose e vili che ho conosciuto (al pari del Capo dell’Ufficio scolastico provinciale, pure lui avvertito con una PEC) siano brave insegnanti, siano vere educatrici, siano loro le migliori risorse alle quali attingere per aiutare i giovani a ritrovare “il senso di sé”.
Magari un diseducatore di Villa Rendano oggi precario occupante potrebbe organizzare nell’ambito delle sue marchette, che tanto piacciono al sindaco infasciato con il tricolore, un seminario tra ignari ma utili alla filiera dei marchettari sul tema: “Socrate? Chi era costui?”.